Sul volo di ritorno da Rio de Janeiro, Papa Francesco ha risposto alle domande dei giornalisti accreditati per la Giornata Mondiale della Gioventù. Tra le domande scelgo quella che interessa a moltissime persone divorziate.
Gian Guido Vecchi, giornalista del “Corriere della Sera”:
Domanda: Padre Santo, Lei anche in questo viaggio ha parlato più volte di misericordia. A proposito dell’accesso ai Sacramenti dei divorziati risposati, c’è la possibilità che cambi qualcosa nella disciplina della Chiesa? Che questi Sacramenti siano un’occasione per avvicinare queste persone, anziché una barriera che li divide dagli altri fedeli?
Papa Francesco:
Risposta: «Questo è un tema che si chiede sempre. La misericordia è più grande di quel caso che lei pone. Io credo che questo sia il tempo della misericordia. Questo cambio di epoca, anche tanti problemi della Chiesa - come una testimonianza non buona di alcuni preti, anche problemi di corruzione nella Chiesa, anche il problema del clericalismo, per fare un esempio - hanno lasciato tanti feriti, tanti feriti. E la Chiesa è Madre: deve andare a curare i feriti, con misericordia. Ma se il Signore non si stanca di perdonare, noi non abbiamo altra scelta che questa: prima di tutto, curare i feriti. E’ mamma, la Chiesa, e deve andare su questa strada della misericordia. E trovare una misericordia per tutti. Ma io penso, quando il figliol prodigo è tornato a casa, il papà non gli ha detto: “Ma tu, senti, accomodati: che cosa hai fatto con i soldi?”. No! Ha fatto festa! Poi, forse, quando il figlio ha voluto parlare, ha parlato. La Chiesa deve fare così. Quando c’è qualcuno… non solo aspettarli: andare a trovarli! Questa è la misericordia. E io credo che questo sia un kairós (“momento giusto o tempo opportuno" o "tempo di Dio"): questo tempo è un kairós di misericordia. Ma questa prima intuizione l’ha avuta Giovanni Paolo II, quando ha incominciato con Faustina Kowalska, la Divina Misericordia… lui aveva qualcosa, aveva intuito che era una necessità di questo tempo. Con riferimento al problema della Comunione alle persone in seconda unione, perché i divorziati possono fare la Comunione, non c’è problema, ma quando sono in seconda unione, non possono. Io credo che questo sia necessario guardarlo nella totalità della pastorale matrimoniale. E per questo è un problema. Ma anche - una parentesi - gli Ortodossi hanno una prassi differente. Loro seguono la teologia dell’economia, come la chiamano, e danno una seconda possibilità, lo permettono. Ma credo che questo problema – chiudo la parentesi – si debba studiare nella cornice della pastorale matrimoniale. E per questo, due cose; primo: uno dei temi da consultare con questi otto del Consiglio dei cardinali, con i quali ci riuniremo l’1, il 2 e il 3 ottobre, è come andare avanti nella pastorale matrimoniale, e questo problema uscirà lì. E, una seconda cosa: è stato con me, quindici giorni fa, il segretario del Sinodo dei Vescovi, per il tema del prossimo Sinodo. Era un tema antropologico, ma parlando e riparlando, andando e tornando, abbiamo visto questo tema antropologico: la fede come aiuta la pianificazione della persona, ma nella famiglia, e andare quindi sulla pastorale matrimoniale. Siamo in cammino per una pastorale matrimoniale un po’ profonda. E questo è un problema di tutti, perché ci sono tanti, no? Per esempio, ne dico uno soltanto: il cardinale Quarracino, il mio predecessore, diceva che per lui la metà dei matrimoni sono nulli. Ma diceva così, perché? Perché si sposano senza maturità, si sposano senza accorgersi che è per tutta la vita, o si sposano perché socialmente si devono sposare. E in questo entra anche la pastorale matrimoniale. E anche il problema giudiziale della nullità dei matrimoni, quello si deve rivedere, perché i Tribunali ecclesiastici non bastano per questo. E’ complesso, il problema della pastorale matrimoniale. Grazie.»