Il Manifesto di chi cerca il primo lavoro

Il Manifesto di chi cerca il primo lavoro

Lettera al direttore

Gentilissimo Direttore, mi chiamo Michele, sono di San Nicandro, ho 23 anni e vorrei per la prima volta cercarmi un lavoro. Le scrivo affinché mi aiuti a trovarne uno che soddisfi anche le mie esigenza di vita poiché, vero è che alcune aziende stanno assumendo ma, contrariamente al passato -quando era l’azienda a fare la selezione- oggi vorrei essere io a scegliere dove impegnare il tempo e le energie. Ma non tutte. Questo perché non desidero lavorare di piùper consumare di più. Non mi interessa diventare uno stakanovista ovvero un maniaco del lavoro. Ecco, invece di vivere in una logica di grandi consumi preferirei dosare bene il rapporto tra tempi di lavoro e tempi di vita, limitando al massimo il numero delle ore dedicate al lavoro. Infatti, ritengo che nella quotidianità sia giusto pensare di più a me stesso, lasciando libero lo spazio ai bisogni esistenziali di ogni essere umano. Soprattutto desidero prevenire l’ansia e lo stress coltivando, nel tempo libero, hobby quali sport, palestra, piscina, musica e relazioni personali. Insomma, centrale per me è la felicità nelle piccole cose di tutti i giorni. Questi, Direttore, sono i pilastri del benessere psicofisico personale a cui entrando nel mondo del lavoro non voglio assolutamente rinunciare. La mia non é una visione di breve termine, concentrata esclusivamente sui problemi del presente. Bando agli equivoci, non mi rifiuto affatto di pensare al futuro ed alle gravi criticità ad esso collegate. Le paure non mi bloccano al punto tale da aspirare ad una bassa prospettiva che mi faccia rinchiudere nel mio piccolo mondo. Tutt’altro. Uno stile di vita incentrato sulla corsa sfrenata verso un consumo sempre
maggiore, per garantirmi una vita agiata, non mi interessa. Semplicemente non vorrei farmi guidare dal consumismo come hanno fatto le precedenti
generazioni. Il mio é solo un punto di vista diverso rispetto al passato, più laico nei confronti di quella religione del lavoro che ha orientato scelte e
comportamenti di tante persone. Ciò in quanto, mediante la conciliazione vita/lavoro, desidero soddisfare nel quotidiano quei modesti piaceri che
possano garantirmi un po’ più di benessere. Tanto premesso, il suo contributo, Direttore, consisterà nel far comprendere a chi dirige le imprese che il rapporto
di forza azienda-lavoratore non si può continuare a gestire in via gerarchica e verticale, ma, deve raggiungere nuovi equilibri diventando più orizzontale. Non
dico egualitario, bensì molto più umano e collaborativo. Per esempio, contemperando anche gli interessi del lavoratore nel stare a casa almeno il
sabato e la domenica. Se poi trovassimo un imprenditore il quale, a parità di salario, riducesse l’orario di lavoro per spalmarlo su quattro invece che su
cinque giorni, sarebbe l’ideale. Difatti, per quelli della mia generazione è un errore fare del lavoro il centro della propria vita. Tuttavia, non significa che
non c’è voglia di lavorare. Che siamo in una Repubblica basata sul far niente. Oppure che non si vorrebbe più un impiego. Al contrario. Non si tratta di
rifiutare il lavoro in sé ma, in una ridefinizione della gerarchia dei valori significa solo declassarlo nella graduatoria degli obiettivi personali. Pertanto, io
non mi sento né fiacco né demotivato. Rivendico esclusivamente il diritto ad una nuova, contemporanea forma di autonomia individuale. La quale
attualmente si muove verso la scoperta di maggiore benessere personale, inteso soggettivamente, nella convinzione che questo sia il modo più
vantaggioso per raggiungere una migliore qualità della vita. Insieme agli amici abbiamo riconsiderato le nostre priorità e modificato i nostri scopi i quali, nel
concludere Direttore, non si trovano più nelle ore dedicate al lavoro e nemmeno in quello dei consumi, vale a dire in un universo che prima era
sempre stato visto come particolarmente gratificante. Per le predette ragioni, è molto stravagante definire la nostra ricerca del tempo libero un desiderio
minore e/o un piacere consolatorio. Perché? Perché il tempo libero è vita. E la vita si vive una volta sola. Grazie.

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