E' domenica, "giorno del Signore" per la comunità cristiana, e il suono delle campane a festa risveglia il paese quasi stridendo con quello che è successo poche ore prima. E' morto il sindaco, è tutto vero. E' il pensiero che, diradando il sonno, sovviene con maggior violenza, laddove è morto ancor più il medico, l'amico, il collega... ma più di tutti il figlio, il marito, il padre, il fratello, il cognato, lo zio. Un'assenza, un vuoto che si sente ma che sarà realizzato veramente solo con il passare dei giorni e nella triste e ardua costrizione a doversi abituare a ciò che non è più.
Quando si muore per senso del dovere, nel dolore di chi resta si stagliano scontrandosi i sentimenti di orgoglio e di rabbia, e l'uno prepondera sull'altro a fasi alterne finché, nell'animo nobile e positivo, resta il primo, che da' la forza di andare avanti. Chi conosceva Dino, può dire con una certa sicurezza che, se consultandosi con i colleghi in ospedale avesse compreso che stava rischiando la vita per quello che aveva fatto, avrà certamente pensato: "E che dovevo fare!? Io sono un medico. Pazienza". E' la virtù rara di chi "perde il corpo ma salva l'anima", per ripetere una massima cristiana di quelle che Dino lo avevano formato.
"Guai a chi muore", è invece l'adagio popolare destinato alla miseria di chi resta. Ad indicare come l'istinto di sopravvivenza dell'uomo prevarica presto ogni sentimento di circostanza se non incontra certe virtù. E' così quando, a sipario ancora socchiuso, un pubblico ingrato gira le spalle e volge all'uscita pensando già a cosa farà fuori, in un altro luogo e tramando, nella frenesia a cui i tempi moderni ci hanno abituato, cosa meglio gli conviene fare.
Da questa tristissima storia, che sembra non avere un senso (almeno per noi mortali...), la città di San Nicandro Garganico, piuttosto, non perda occasione per imparare qualcosa. Innanzitutto la virtù di fermarsi a riflettere sulla miseria umana. Poi, con il tempo debito, a tentare di dare continuità a null'altro che all'eredità morale che Costantino Ciavarella ci ha lasciato: alto senso del dovere (invece dell'"alto senso" dei diritti... o delle pretese), bontà nel guardare agli altri, moderazione e pacatezza di comportamento.
Il fiume in piena di parole pronunciate e scritte, dai messaggi di cordoglio, alle menifestazioni di dispiacere, alla compassione, sembra man mano tornare al suo alveo di rigagnolo, come quando il nubifragio stravolge un luogo arido rendendolo simile a un estuario e, dopo pochi giorni, tutto finisce e riappare la terra brulla che era. E solo ora, nell'iniziativa naif di Nazario, la semplicità di due parole mai lette nelle scorse ore, fissa il messaggio più importante che si deve: "Grazie, sindaco!"