La tassa di concessione governativa è stata introdotta dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641 “Disciplina delle tasse sulle concessioni governative”.
Questa assurda tassa era infatti originariamente diretta alle società telefoniche, che dovevano pagarla per l'utilizzo delle frequenze. Il Governo successivamente stabilì che dovesse essere pagata dai titolari di un contratto di abbonamento, in quanto il cellulare era un "bene di lusso".
Con il D.M. 28 dicembre 1995 è stata estesa anche ai contratti di telefonia mobile in abbonamento: 5,16 euro mensili per i privati e 12,91 euro mensili per i clienti business, anche se il costo era deducibile all’80% nella dichiarazione dei redditi.
Nel 2003 con l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 259/2003 “Codice delle comunicazioni elettroniche” la tassa in commento è stata abolita, ma solo sulla carta visto che le compagnie in tutti questi anni hanno continuato ad applicarla.
La Commissione Tributaria del Veneto con una sentenza emanata nel 2011, ha dichiarato la sostanziale illegittimità della tassa di concessione sui servizi di telefonia mobile, per effetto dell’entrata in vigore del Codice delle telecomunicazioni elettroniche (D.Lgs. n. 259/2003) recante disposizioni in materia di liberalizzazione dei servizi di comunicazione.
Secondo il dispositivo emanato, infatti, si abroga implicitamente il contributo attraverso la privatizzazione del servizio. La privatizzazione del servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione ha segnato il passaggio dalla concessione della licenza da parte della pubblica amministrazione al contratto che presuppone una posizione di parità fra i contraenti. Data tale nuova circostanza, secondo i giudici, viene eliminato il presupposto del tributo che poggiava su un rapporto concessionario di tipo pubblicistico.
Così per effetto di questa sentenza oggi ciascun abbonato può richiedere alla propria compagnia telefonica una diffida perché non applichi più tale tassa e chiedere all’Agenzia delle Entrate il rimborso per quanto indebitamente versato negli ultimi 3 anni, quindi fino ad un massimo di 185,76 euro in caso di utenza privata e di 464,76 euro in caso di utenza business. Il contribuente può chiedere la restituzione delle tasse di concessione governativa «erroneamente pagate entro il termine di decadenza di tre anni a decorrere dal giorno del pagamento o, in caso di rifiuto dell'atto sottoposto a tassa, dalla data della comunicazione del rifiuto stesso».