La V^ Sezione Penale della Corte di Cassazione all’udienza del 26 settembre 2012 ha confermato la sentenza della Corte d’Appello di Milano con la quale Alessandro Sallusti, direttore de 'Il Giornale', era stato condannato a 14 mesi di reclusione per diffamazione aggravata, negando peraltro le attenuanti generiche previste dall’ art. 62 bis del codice penale, nonostante la richiesta del procuratore generale dr. Gioacchino Izzo, la cui eventuale concessione avrebbe comportato una riduzione della pena.
Il ricorso del giornalista e' stato rigettato in toto ed, è stato anche condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché alla rifusione delle spese legali sostenute dalla parte civile. I reati contestati al giornalista sono l’art. 595 del codice penale e l’art. 13 della legge 08 febbraio 1948, n. 47 in relazione a degli articoli, ritenuti diffamatori nei confronti del giudice tutelare di Torino Giuseppe Cocilovo, pubblicati sul quotidiano Libero nel 2007 e riguardanti il caso di un aborto di una ragazza tredicenne.
La condanna adesso va eseguita, non avendo il giudice di merito (corte d’appello) concesso la sospensione condizionale della pena ai sensi dell’art. 163 del c.p., pur ricorrendone le condizioni almeno sotto il profilo dell’entità della pena comminata.
Trattandosi di condanna inferiore a tre anni e di persona incensurata, la Procura della Repubblica di Milano dovrà emettere un ordine di esecuzione per la carcerazione con contestuale decreto di sospensione dell’ordine stesso, concedendo al condannato giorni 30 dalla notifica del provvedimento per presentare istanza di misure alternative alla detenzione in carcere in ossequio alle norme della legge sull’ordinamento penitenziario ( legge 26 luglio 1975 n. 354 come successivamente modificata ed integrata).
La vicenda ha sollevato molte perplessità sia nel mondo della stampa che nel mondo politico, il quale ultimo finalmente ha promesso un intervento per modificare le norme in questione. Come al solito chiudiamo il recinto dopo che i buoi sono scappati!
Anche il Capo dello Stato ha fatto sapere che vorrà saperne di più sulla vicenda. La libertà di stampa e, di manifestazione del pensiero sono valori costituzionalmente garantiti, così come sono garantiti i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo che come appartenente a formazioni sociali.
La diffamazione viola i diritti dell’uomo che la subisce e, pertanto va sicuramente punita, ma non con la reclusione! E’, più che sufficiente la comminazione di una pena pecuniaria (multa) ed il risarcimento dei danni morali e/o materiali provocati.
Angelo Ruberto