Eh già, la notizia è semiseria, Signori.
Qualche tempo fa, l'azienda-monstre Facebook s'è aggiudicata il miliardesimo iscritto e non smette di crescere. Per il giovane Mark Zuckerberg (che vanta un patrimonio di oltre un miliardo di $ per ogni anno della sua esistenza), la sua è una società-benchmark che deve distribuire dividendi sugli utili e bonus shares nell'epoca in cui se dici "Bond" nessuno pensa più a 007.
Per i suoi clienti, invece, non è più solo un "Social", ma un modo di vivere. E' una camera da letto con migliaia di cassetti nascosti. Facebook nacque per condividere idee ma si è auto-rivoluzionato LUOGO "Glocal" nel quale la serialità pallosa viene costantemente eccezionalizzata.
E' quel posto che in antropologia diventa quarta dimensione, e in cui chi vive male le tre dimensioni viene improvvisamente desiderato nello schermo bidimensionale. Na pacchia.
Ma non sto parlando male dello "strumento" di per se: personalmente non avrei mai potuto conoscere i figli di Putin che lo popolano, il Salone del Lutto con le sue casse...ultimo grido, o gli UFO che celebrano i comizi di Trump a suon di Foodporn. Ne critico semmai l'uso che ne fa una piccola comunità come la nostra.
Edonisti selfie-made men (e soprattutto women) che fanno del proprio cesso il Sancta-Sanctorum della verità assoluta, il Graal. Si fabbricano vicendevoli spy-stories, e se pocopoco appare la dicitura "visualizzato"... Una piccola comunità sta diventando una comunità piccola perché i suoi appartenenti non ne vivono più l'aria né i luoghi, si chiede perfino una cosa che dovrebbe essere spontanea: l'amicizia.
Quindici likes e diventi famoso, Andy Warhol si rivolta nella tomba. Nessuno lo segue più. Colei che negli anni '90 aspettava impazientemente Marzullo con la Tachipirina in mano, oggi diviene flamboyànt mostrando le tettone a metà gennaio.
Non era meglio usare sta roba per cercare il cuGGino in Amerika...?
Nella nostra città sempre più piccola invece, Facebook detta gli andamenti sociologici e antropologici, estingue rapporti o accende amori.
Sarò vecchio io, ma credo più all'amore nel supermercato che a quello da supermercato. "Giggino passeggiava in villa ma non era online", un archivio di ossessioni divenuto talmente enorme da richiedere immense palle termoioniche collocate in ettari di spazi acquistati in Svezia.
Preferivo gli anni '80, quando Messenger (oggi inglobato nella Holding Facebook come Instagram) non diventava la scusa per dar bidoni agli amici. E mi dispiace notare che i miei concittadini non più governati da Gualano, preferiscano incontrarsi sugli smartphones anziché ai muretti.
Si è tutto conformato al ribasso del chiacchericcio condiviso a 10 Megapixel e non più a 5 decibel. Qualcuno lo chiama "universalismo", per me è l'aberrazione 2.0 dell'individualità da cui gli addetti alla cultura hanno fatto le valigie e i viveur vecchia scuola son fuggiti.
Dopotutto il demonio, interpretato da Al Pacino ne "L'Avvocato del Diavolo", affermava che la vanità fosse il suo peccato preferito. Ed io aggiungo umilmente che se la solitudine non è altro che una forma di compagnia on-demand, la compagnia ossessiva è una solitudine infinita.
#SvegliatiSannicandro.