San Nicandro: Corso o Parco? I due volti della nostra città

...mia cara San Nicandro, a quest'ora la tua notte sta sfumando tra i vapori dell'umidità e dei numerosi bar art-deka.

Giochi di parole a parte, i pensieri hanno bussato alle mie persiane come un esercito venuto a reclamare dal nulla, e le certezze ormai combattono altrove, vincono, ma non più qui.

E' un peccato perché non ci si sente mai soli nelle tue strade.

L'armonia degli edifici antichi danzava sotto le stelle affogate timidamente tra le nuvole. Mentre la Regina blu bucava il banco di cumuli che circuiva la città decadente, i suoi sudditi erano tutti a casa ad ammirare gli ultimi sogni in fila per due.

Ed io notavo che anche stanotte, i detrattori dell'appartenenza hanno lasciato il vecchio Corso senza voci e sono stati costretti a vagare nel non-venerdì della propria coscienza storica. I ricordi e gli spiriti affollano le locande rimaste senza menu, dove le ombre di ieri danzano con dita di loto e ciò che non si vede ad occhio nudo ottiene buona considerazione.

Il conformismo di chi snobba la Bellezza dell'antichità produce un grido silenzioso che in me produce eco e sorpresa. Eppure queste fondamenta hanno conosciuto gladiatori, vestali,

gli antichi mecenati,

amanuensi e frati,

vergini e sciagurati.

Un vento per ciechi porta i tuoi abitanti a vivere la periferia con vista cimitero giorno e notte.

Quest'ultima come territorio di chi vede ancora meno: si predilige uno spazio post-post "moderno" ideato per altre esigenze urbane ad un solenne Corso che culmina con un'imponente piazza dove sfila solo il disprezzo. E l'Agorà? L'ultra-umanizzata Atene non ha lasciato tracce in noi?

Uno Zeus veemente assurgerebbe ad eroe metropolitano, riportando le persone a (ri)vivere gli spazi preposti della città.

Anziché imitare i modelli urbani policentrici di Londra, Milano, Houston, non avrebbe più senso aggregare aree commerciali con struscio tardopomeridiano annesso, rivalorizzare quel centro ormai non più "definito" con attrazioni sicure e vivaci? Riformando il concetto di "vibrante" una volta per tutte?

Si faciliterebbero le concessioni commerciali agevolando l'iniziativa individuale, da cosa nascerebbe cosa. E il centro naturale della città riprenderebbe il suo battito. Penso - come esempi - alle magiche notti degli Artisti di Strada o dell'Enocibus, in cui il cuore della città e quello dei suoi abitanti riempivano in perfetta sincronia quelle Agorà... mentre qualcuno nascondeva il proprio amore estivo nei vicoli soffusi...

Ho paura che questo processo trasformativo ingrigisca il volto della nostra società: si va verso una città senza memoria dove l'identità diviene un oggetto giacobino di cliché, e non di naturale appartenenza.

La narrazione urbana dovrebbe invece coesistere con quella stessa memoria... e non il contrario (per paura di trovare quegli scrigni svuotati di sogni...)

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