Mi perdoneranno i due amici, compaesani di origine e meneghini di adozione: l’uno prolifico collaboratore di queste pagine, Antonio Monte, il quale scrive di paesanità ma anche di milanesità e l’altro, Mario Gioiosa, che pure lui ogni tanto ci scrive di altri valenti Sannicandresi che vivono a Milano, se rubo loro qualche spazio.
Anch’io mi sento un tantino milanese avendo trascorso quasi sette anni nel cuore urbano di quella città mittel-europea. Nella Milano degli anni Settanta ho appreso un po’ del suo spirito civile ed alacre e non vi nascondo di aver avuto una fitta al cuore per le vicende che l’hanno ferita mentre stava presentando al mondo il suo primo giorno di EXPO 2015.
Perciò - dopo parecchi mesi da quando ho letto un simpatico volume, prestatomi da un altro reduce milanese di spessore, l’esperto musicale ed editore della Palmierama, il compaesano Pasquale Palmieri - ho deciso di parlarne a voi lettori che magari oggi avete la mia stessa età e che tra i vostri ricordi giovanili avete ascoltato, negli anni della vostra adolescenza la simpatica marcetta de “Il Tamburo della Banda d’Affori”.
Nel 1853 Affori era un paesello del Milanese che, con l’espansione della città, è divenuto uno dei quartieri di Milano tra il 1917 e il 1923. All’epoca vi nacque il Corpo Musicale G. Donizetti, conosciuto meglio come Banda d’Affori. Dal 1942, in particolare, si diffuse, sempre più ampiamente, una delle sue esecuzioni più note che si chiama El tambur de la Banda d’Affori. Chi non rammenta, fra quanti l’hanno ascoltata, il ritmo garbatamente coinvolgente e la musicalità terapeutica di quella marcetta, e della stessa formazione popolarissima che è dovunque la banda musicale rilanciata più di ricente da un’altra famosa canzone interpretata da Mina?
Ebbene, la Banda d’Affori quest’anno compie 163 anni e nel 2013, per il suo 160.o compleanno, è stato pubblicato un ricchissimo volume di documenti, fotografie e testimonianze che ne ricordano le vicende. Come dicevo, mi ha fatto conoscere detto volume Pasquale Palmieri a cui l’aveva donato la vedova del suo amico, maestro Nino Ravasini il quale, tra l’altro, aveva musicato celebri canzoni come Avanti e indré, La classe degli asini e, appunto, Il tamburo della Banda d’Affori.
Le bande, formate una volta da qualche maestro e da encomiabili artigiani, non sempre hanno il sostegno finanziario adeguato alle loro necessità, pure a Milano; sono come orchestre di poveri per i poveri. Ma spesso suonano egregiamente anche davanti a un pubblico di vaglia. La Puglia e l’Abruzzo sono sempre state ricche di grandi bande musicali, ma quella d’Affori, come La Banda cantata da Mina sono rimaste particolarmente impresse nei nostri ricordi di ascoltatori. Pure San Nicandro possiede una banda. Ma ora che gli artigiani, insieme a tutto il mondo del lavoro, vivono un periodo sconfortante e hanno altro a cui pensare, i componenti delle bande sono anche studenti e impiegati pubblici.
Attingendo a quel bel volume, edito a cura di Luigi Ripamonti, col sostegno della municipalità milanese e di alcune ditte della metropoli, propongo a tutti il testo da una traduzione in italiano della famosa canzone, con l’idea che a qualcuno possano riecheggiare alla mente il suo ritmo e le sue note:
1 - Arriva la Banda del nostro Paese,/ o Caterina, vatti a mettere il vestito da sposa./
Il capo-Banda ha i baffi: / o Caterina il capo-Banda è il tuo Luigi! / Ritornello:
È lui, è lui, /
sì, sì, è proprio lui!
È il Tamburo principale della Banda d’Affori, / che comanda cinquecentocinquanta pifferi; /
ehi ragazze, battete le mani, / che il tamburo è qua! / che scompiglio, / ci sono anche le oche / che gli fan “qua, qua”. / Le ragazze nel vederlo diventan timide, / e lui confonde il Trovatore con la Semiramide: / “Bella figlia dell’amor, / schiavo son, schiavo son / de’ vezzi tuoi!”/
2 - Passa la Banda e va a Cantù; / o Caterina il tuo Luigi / non va avanti più. / Forza Luigi / che arriva il tranvai; / ma lui non può / perché ha un piede / nelle rotaie. / “Fermate il tram, spostate il tram” / scendono tutti, oh che baccano. / Ma lui sta là come un signore, / e suona il Tamburo con vigore! / Ritornello meneghino:
L'è lù l'è lù, /sì sì l'è propi lù: /
L'è il tamburo principal della banda d'Affori, / Che comanda cinquecentocinquanta pifferi; /
ehi ragazze, … ecc, fino al termine del numero 1.