La Corte Europea dei diritti dell'uomo inteviene sul canone?

Nei prossimi giorni gli “abbonati RAI” cominceranno a ricevere i bollettini postali per il pagamento del canone del 2014 entro il 31 gennaio. Come è noto nel nostro paese “chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni è obbligato al pagamento del canone di abbonamento”, giusta le norme di cui al Regio Decreto Legge del 21 febbraio 1938, n.246 - art.1 - , recante disposizioni in materia di disciplina degli abbonamenti alle radioaudizioni. 

Il possessore di tali apparecchi che non intenda o non possa, per qualsiasi ragione, più usufruire delle radioaudizioni circolari ma continui a detenere l'apparecchio, deve presentare al competente Ufficio del Registro (Torino) apposita denunzia su carta semplice non oltre il mese di novembre di ciascun anno, indicando il numero di iscrizione nel ruolo e specificando il tipo dell'apparecchio di cui è in possesso, il quale deve essere racchiuso in apposito involucro in modo da impedirne il funzionamento.

Legge approvata circa settanta anni fa, in un periodo nel quale non esistevano emittenti radiofoniche private, né esisteva la televisione “c.d. commerciale” almeno in Italia, e né tantomeno le reti internet o radio private, tutti strumenti di comunicazione che si finanziano con i proventi della pubblicità, così come si finanzia in parte anche con la pubblicità la televisione pubblica, erroneamente definita “servizio pubblico”.

In questi primi giorni del 2014, gira in rete la notizia che il canone RAI tuttavia, non va pagato e, che a sancirlo, è  la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo la quale, con sentenza del 30 Dicembre 2013, ha affermato che il canone RAI è illegittimo in quanto non attiene alla materia fiscale. Che il canone RAI sia illeggittimo è più che evidente e, non dovrebbe servire l’intervento dell’alta Corte di Europea a sancirlo.

Esso persegue uno scopo illegittimo, compromette la libertà di informazione e soprattutto crea una situazione di evidente disparità tra reti pubbliche e reti commerciali. Della necessità di abrogarlo, così come della necessità di ridurre il numero delle reti televisive pubbliche se parla da molto tempo, ma se ne parla soltanto! Il nostro legislatore rectius i nostri politici fanno  “orecchie da mercante”, soprattutto quando si tratta di intervenire con provvedimenti che comportano minori entrate nelle casse pubbliche!

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