La grave responsabilità di una crisi politica fuori tempo

Mentre il “Decreto Rilancio”, che doveva essere il “decreto aprile”, viene continuamente posticipato al fine di renderlo sempre migliorativo rispetto alle bozze precedenti, alle nostre latitudini c’è qualcos’altro che viene rinviato ma, al contrario, sembra quasi al fine di renderlo peggiorativo (salvo ulteriori ripensamenti dell’ultima ora, naturalmente) ed è la costituzione della nuova giunta e, quindi, della nuova maggioranza politica a palazzo di città di San Nicandro Garganico.

Per analizzare questa faccenda, occorre partire da un assunto pressoché oggettivo: il sindaco Costantino Ciavarella ha sbagliato ogni mossa di questa “crisi”, che non è solo una crisi sui generis ma, soprattutto, una crisi prevedibile, sin dalla sera del 28 aprile 2018, quando Ciavarella decise di firmare l’accordo con la coalizione (UDC, FI, Lega, FdI) che poi lo ha eletto, perché l’unica a permettere la sua candidatura a primo cittadino.

“Non si mettono d’accordo”, è leitmotiv che campeggia sulle bocche di chi, sia pure per gossip, si interessa ancora della res municipale, approfittando anche dell’aria di maggio che rievoca le campagne elettorali. Ma verrebbe da se che, “per senso di responsabilità” e “nell’interesse della città”, come sgomitano a dire le forze politiche sindaco compreso, dovrebbero allora già essere tutti d’accordo in partenza. Eppure così non è, e lasciamo al lettore ogni pragmatica conclusione.

Il 29 aprile scorso il sindaco, risoluto sul da farsi, avrebbe dovuto azzerare la giunta e riunire il consiglio comunale straordinario con convocazione urgente. Nel quale, relazionando sulle motivazioni, si sarebbe dovuto presentare dimissionario, aprendo così la crisi secondo il procedimento chiaro, trasparente e corretto che la Politica richiede. Quindi, all’esito delle consultazioni, avrebbe dovuto riconvocare il consiglio, nel quale, in alternativa e a seconda di quanto venuto fuori dal confronto: 1) dichiarare la ricomposizione della maggioranza elettorale su nuove basi e sul rilancio amministrativo; oppure: 2) invocare un governo di salute pubblica, al di la degli steccati politici (e delle pur legittime pressioni dissuasive delle segreterie provinciali), se necessario anche presentando una squadra di assessori-tecnici di sua nomina; oppure, nel caso le consultazioni avessero dato esito negativo: 3) confermare le dimissioni e aprire le porte al commissariamento fino ad ottobre (data presunta di tutte le elezioni, posticipate per l’emergenza).

In questo modo, anche nel caso una maggioranza profondamente cambiata rispetto a quella delle elezioni (ovvero “di salute pubblica”), solo i più maliziosi avrebbero potuto parlare di inciucio. Peraltro in una fase ancora emergenziale in cui i comuni stanno aspettando a bocca aperta le indicazioni del Governo in tema di tributi (IMU, TARI, COSAP, ecc.), per poter deliberare esenzioni, dilazioni, deroghe, proroghe, a vantaggio di chi dall’emergenza è stato danneggiato. Provvedimenti che un commissario non adotterebbe mai. Ed è questo uno dei principali motivi per cui debba scongiurarsi il voto ad ottobre.

Al contrario, Ciavarella si è prima dimesso, peraltro senza passare in consiglio comunale e affidando tutto alla stampa. Quando pensava di aver trovato i numeri, ha immediatamente ritirato le dimissioni. E ora si sta arrovellando a metterli insieme perché, a dirlo in soldoni, ogni ora ne salta uno e ne tornano due e viceversa.

Da quello che sta accadendo, sortisce la certificazione – per chi non lo sapesse o facesse finta di ignorarlo - che San Nicandro è una città tutt’altro che normale. Che la San Nicandro che insegnava a far politica a mezza Capitanata ha lasciato il posto ad un paese di scarsi 14mila abitanti (sulla carta), dove le logiche “politiche” sembrano assai peggiori di un’assemblea di condominio. Perché tale è una realtà in cui si ragiona - almeno questo è quello che traspare alla popolazione - di mettere insieme numeri “per campare” sulla base solo e soltanto di chi deve avere cosa. Mentre non si legge da nessuna parte uno straccio di dichiarazione di programma, neppure per dire che “se viene il commissario, gli sconti sui tributi per l’emergenza ve li dimenticate!”.

Nel tira e molla di chi entra e di chi esce, sembra di leggere un dato in penombra ma comunque eclatante quanto, forse, scontato: nessuno vuole andare a casa. E, perciò, tutti vogliono essere con il sindaco, quelli della maggioranza elettorale e quasi tutti quelli dell’opposizione, che professatisi salvatori della vita nel deserto, ora si trovano a scorgere all'orizzonte le avvisaglie di un'ondata di ritorno della maggioranza che potrebbe spazzarli via. Per questo occorre pubblica chiarezza, circa chi c'è e chi no. E a che condizioni.

In tutto questo è purtroppo da dire che l’imperizia politica del sindaco gioca un ruolo fondamentale, tanto più che a tutti appare schiavo quasi del voler continuare a tutti i costi, anziché mettersi fermo su una posizione chiara e limpida. Sebbene questa apparenza probabilmente non sia la realtà, rischiandosi pure che Ciavarella perda la pazienza e si dimetta davvero e definitivamente, senza voler capire ragione. Certo, il ritiro anticipato (cioè prima della risoluzione della crisi, che a quanto pare non arriva) delle dimissioni, ha fatto perdere al primo cittadino tutto il suo potere contrattuale, al punto da piegarsi a cedere, eventualmente, anche il suo assessorato (quello in quota UDC) a chi ne voglia pur di “fare numero”.

Il tentativo, suggerito dal PD, di ragionare tra i candidati sindaco (cioè Ciavarella, D’Ambrosio, Gualano e Tancredi), tirando idealmente dentro pure i 5Stelle per una sorta di sostegno morale all'operazione, è stata l’unica gemma partorita in questa crisi che avesse un qualche carattere politico. E l’accordo primario trovato tra i quattro, che teneva dentro Forza Italia, aveva un minimo di connotati politici e di “schiena dritta” rispetto alle dissuasioni delle segreterie provinciali, nel solo interesse della città. Le eventuali mosse che hanno scompaginato quell’accordo, per il quale oggi avremmo probabilmente già la giunta nominata e operante, hanno una responsabilità immane circa il modo bislacco in cui questa crisi sta procedendo, rischiando fortemente di implodere. E avranno la responsabilità dell’eventuale commissariamento.

Il balletto delle malcelate dichiarazioni di indipendenza da parte di quanti vorrebbero starci, agli occhi dei più - laddove non vi siano altre oggettive e reali cause di incompatibilità interna ai partiti - si presenta solo con le vesti dell’opportunismo finalizzato al potere, e non ha proprio nulla di politico. Tanto più che proprio il PD, che sembrava condurre i giochi fino ad ora, ha avuto modo di scrivere che non “accetterà cambi di casacca” e ancora, “emarginando fin da subito solo quelle forze e quegli esponenti che, per la propria visione retrograda e populista dell’azione politica, possono condizionare e ostacolare ogni governo cittadino”.

Occorre, perciò, in primo luogo prendere atto del fallimento della coalizione che ha vinto le elezioni nel giungo 2018 e della capacità del sindaco di tenere “a bada” i suoi stessi litigiosi alleati. Con i quali, essendo appunto litigiosi, non può certo pensare – se non in offesa alle altrui intelligenze – di riprovarci dopo quanto accaduto. In tempi ordinari, ciò avrebbe significato ridare la parola al popolo (a prescindere se stavolta ci azzecchi). Ma lo stato dei fatti, per le questioni dette legate all’emergenza e perché non cambierebbe alcunché nel tutt'altro che stabile panorama politico odierno, intercorrendo solo quattro mesi di stop commissariale, suggerisce altro.

Stupisce il fatto che nell’opposizione vi siano consiglieri che non considerano con responsabilità questi fatti, anteponendo invece velleità dai contorni personali, cioè privilegiando l’interesse proprio – sia pur legittimo e necessario - rispetto alla politica a favore della città. Determinando così un bisogno di numeri che sta facendo letteralmente incartare Ciavarella su soluzioni astruse. Tirandosi dietro, in qualche momento, anche un PD che dovrebbe guardare ben oltre l’attuale consiliatura, mettendo a capitale il fatto che dopo nove anni di centrodestra, il centrosinistra non siede a palazzo di città da troppo tempo se si considera l'alternanza democratica spesso salutare e, alla prossima tornata, potrebbe tornare a dire la propria se facesse i passi giusti, già a partire da ora.

In questa fase, dunque, ogni consigliere ha una grande responsabilità, che in termini di morale politica è paradossalmente ben più grande di quella per il voto cagionante un danno erariale o un falso in atto pubblico.

Dopo il ritiro delle dimissioni il sindaco ora ha tutto il tempo. Ma la città no. Pertanto, sempre che non rivoglia, pur legittimamente, la sua vecchia maggioranza, litigiosa ma "depurata" da presenze non gradite, Ciavarella ha due opzioni: riavvolgere i nastri al primo incontro tra i candidati sindaco e procedere di conseguenza con punti programmatici a breve termine. Oppure nominarsi una giunta tecnica e, insieme ad una programmazione di prossimità e a breve termine, tornare in consiglio e mettere i consiglieri davanti alle proprie responsabilità, per condurre la città almeno sull'altra riva di questo fiume improviso chiamato Covid-19. Soprattutto quelli di maggioranza, che hanno vinto le elezioni e che hanno il dovere di prendersi tutte le responsabilità del momento, insieme al sindaco, davanti ad una città che, se si attende ancora, sarà davvero incazzata.

Perché la storia di costruire coalizioni per vincere le elezioni, quando poi non permettono un governo stabile, è ora che finisca una volta per tutte.

Menu