Paese del Gargano

O Apulo paese, selvaggio e scosceso,
tu roccaforte del tenace pugliese.
La gente pastore errante
un dì si trasformò per te combattente
raccolta in su al castello
ti difese con forca e coltello
dal saraceno violento e forte
che voleva espugnare la tua corte.

La gente novella, boriosa e scostante,
oggi e’ ribelle o farfalla emigrante.
Ad accudire l’orticello
è rimasto il vecchierello,
che prega ansioso al Santo miracoloso
il ritorno della figlia con lo sposo.
Lento, zappa la sua vigna,
spacca ancora tanta legna,
si rende utile, operoso,
per la sua Daunia rocciosa.

Suda con perseveranza per avere l’abbondanza
di olio e di legumi ne fa scorta,
frutta secca nella sporta,
per donare con amore al suo ospite d’onore.
Prepara per l’occorrenza genuine pietanze:
dolci, vini, tutto in abbondanza
e aspetta, aspetta col cuore esultante
il rientro del suo emigrante.

L’ospite rientra indifferente
schiamazzando nella strada festante;
torna per fare scorta,
se ne infischia del vecchio e del suo orto.
Torna per bagnarsi al mare,
torna per visitare il Gargano,
poi riparte, spietato ti tradisce
per Bologna o per Milano.

O Apulo paese sempre meno difeso,
tra vecchio e nuovo v’è tanto divario,
tu sempre più solo, sempre più solitario;
soltanto la rondine leale e sincera
ti allieta puntuale ogni primavera.

Antonio Monte da Milano
 

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