Riflessioni pessimistiche sul tempo che verrà

Siamo pronti ad abbandonare un periodo horribilis come quello che tra qualche tempo spero si chiuderà tra canti, balli e musica in piazza? Siamo davvero pronti a farlo? Potrebbe apparire una domanda ridicola... il tempo passa, nonostante i nostri eventuali tentennamenti, le nostre paure rivolte al futuro, nonostante il nostro ipotetico desiderio di fermarlo in un attimo che ci pare speciale, perfetto...

Abbiamo già sentito il tappo dello spumante emettere quel tipico, secco, suono che, anche ad occhi chiusi, porta ad altre immagini, simili; comunque di festa condivisa. E penseremo, forse, a quanti non sono tra le facce che ci stanno intorno, nel momento in cui faremo tintinnare i calici sperando, in cuor nostro, in un tempo migliore, in una serenità duratura. Gli Italiani lasceranno questo brutto periodo con uno spirito di liberazione, forse, con un sospiro di sollievo.

Il pessimismo che esattamente da qualche mese ci sovrastava forse verrà superato, incredibilmente, dagli avvenimenti. Sembra passato un secolo – eravamo tutti preoccupati. Oggi, dopo che quanto temevamo è avvenuto - i timori, le ansie, non ci hanno abbandonato. Eppure, nel nostro spirito, è scesa una strana calma. La pace che ci avvolge, probabilmente, è simile a quella di un esploratore che, raggiunto un punto di osservazione sognato lungo tutto un faticoso percorso, si siede e, accantonando per un attimo la meta ultima del suo viaggio, assapora il silenzio dopo aver sentito il rumore dei suoi passi, il suo respiro affannoso, i rumori della sua fatica... osserva il paesaggio ampio e avvolgente, dopo essere stato costretto in una foresta intricata ed avversa... analizza il percorso fatto e, con maggiore chiarezza, studia quanto ancora deve camminare... e non c'è pessimismo nei suoi pensieri ma una lucidità che si fa mitezza, calma. E forza.

Dopo un periodo vorticoso, segnato da eventi drammatici per la comunità, la parola che viene in mente - è la "perdita". Abbiamo perso. Che lo si guardi nel'ottica del'individualismo o della collettività, comunque ci resta questa mesta posizione. L'elenco è presto fatto. Abbiamo perso la nostra sicurezza nell’avvenire. Molti lavoratori hanno trovato nella cassetta della posta la lettera di licenziamento. E questo è, di per sé un fallimento della società e dell’imprenditoria corrente e di quella precedente. Come è possibile che le industrie piccole e grandi si dichiarino disperate per qualche mese di sospensione della produzione. Non si può concepire una imprenditoria che quanto guadagna, e ha guadagnato non bene, ma molto bene, tutto diventa normale e quanto qualcosa va male, anche se provocata da una disastrosa pandemia, devono pagare i lavoratori.

Dal punto di vista politico… sono rammaricato e sbalordito… anche in questa circostanza drammatica si cerca sempre di sfruttare ogni parola, ogni gesto persino, per criticare a fini elettorali… si buttano proposte assurde e irrealizzabili… per screditare e infangare… e quanto cambieranno governi e ministri si continuerà magari con lo stesso comportamento da parte di quelli che hanno subito oggi questo comportamento. Lo scopo principale delle istituzioni dovrebbe essere quello di una fucina di intelletti liberi, di creatività a disposizione della collettività, di ingegno puro orientato al materiale e allo spirituale. Si dovrebbero spendere sui giovani, sulle belle speranze, sulle menti spiccatamente produttive, sugli animi nobili della società, spingendo verso una evoluzione "a valanga", impossibile da frenare. Invece, con rammarico, si scopre che questa intenzione, se pur dichiarata, non si realizza. E allora, di grazia, da dove ci viene questa calma che pure, nonostante tutto, ci avvolge e non ci lascia? Di fronte a questo disastro, a queste macerie, alla deriva morale e sociale della nostra società e del nostro Paese noi abbiamo la tranquillità e la "follia" del colibrì che, noncurante della assoluta inutilità del suo gesto, si dirige caparbio verso l'incendio che sta devastando la foresta. Lui, il più piccolo tra gli animali. Mentre il leone fugge, e con lui tutti gli altri, il piccolo uccello tiene nel becco una goccia d'acqua; lui vuole "fare la sua parte".

In questo periodo che arriva, come quelli che lo hanno preceduti, si chiede di collaborare a chi, come sempre, è stato sottoposto a sacrifici. Poi ce chi ne approfitta, chi opera frodi e inganni, chi dichiara false situazioni di bisogno pur di raggirare e usufruire di risorse immeritate e ingiuste e chi si dedica a denigrare, a prescindere, perché serve ad insinuare il dubbio, ad indebolire l'immagine: una pratica che ha funzionato anche contro Gesù Cristo. Ci attende una campagna elettorale di grande fermento. Di candidati ce ne saranno tanti, abbiamo già avuto modo di conoscerli alcuni che già adesso si sono premuniti e pur di avere un pezzo di potere, formano nuovi movimenti e formazioni politiche dopo aver usufruito e mangiato molti frutti in altre. Speriamo in una impensabile uscita di un “homo novus” ma è inutile sperare in una “discontinuità” netta; è credibile, invece, un lento ma progressivo mutamento, come di coscienze che si svegliano dopo anni di coma. Il coma vissuto dalla sinistra se si liberasse di opportunisti e demagoghi che abbiamo conosciuto negli ultimi vent’anni. Dopo questa terribile esperienza della pandemia, tutti, saremo incendiati da passioni, convincimenti, guerre più o meno vere, accuse, difese, dichiarazioni di intenti e manifesti programmatici, ma non dovremmo buttarci a capofitto come un piccolo stormo di colibrì laboriosi e folli, dicendo la nostra, rischiando di sbagliare, ma prendendo posizioni anche scomode o impopolari, senza l’intento di piacere agli altri ma seguire la nostra coscienza. In perfetto stile narcisistico, ma con quello di piacere a noi stessi, pensando solo alla condizione dei figli di questa martoriata e sfruttata terra meridionale.

Auguro a tutti noi di essere più coraggiosi del leone, più veloci del giaguaro, più intelligenti e “portatori di memoria” degli elefanti, più lungimiranti delle aquile… non ci sarà richiesto di meno in questo tempo che verrà e che spero sarà di trasformazione. Un tempo in cui saremo seguiti dal resto del mondo e ci si giocherà quel poco che resta della nostra credibilità e se prevarrà quel necessario senso della unità, potremo far pesare tutta la grandezza della nostra storia e della nostra intelligenza. Auguriamoci tutti di riconquistare quanto abbiamo perso, di svegliarci dal torpore o dallo spavento che ci ha colto e di ritrovare l’energia e la lucidità necessarie per fare scelte giuste. A volte speriamo nelle stelle, nei numeri, nell’anno che verrà (come diceva Dalla) perché non sappiamo essere noi stessi il perno del cambiamento…

Mario Ruscitto

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