In memoria del mio amico Peppino Cristino, compagno di crescita e di università
Caro Peppino, scrivo questi ricordi anche a nome di quanti, amici e colleghi, avrebbero desiderato essere presenti alla modesta funzione per darti l’ultimo saluto. Non ci sei più da un mese e ancora si affollano sentimenti ed emozioni, gli occhi si annebbiano già colmi per una commozione che a stento riesco a frenare. Rileggo i tuoi editoriali, tutti insieme, uno dopo l’altro, ed in molta parte rivivo medesimi ricordi, riflessioni, avventure e passioni. Queste pagine mi erano note per averle lette in originale sui vari numeri di “Etnostoria Garganica” e gli altri che mi recapitavi puntuale. Volta per volta, seguivo con un po’ d’ansia il tuo percorso e vivevo, forse anche con un po’ di timore, la percezione che quella fanciullezza, quei sentimenti, quel nostro paese di più di cinquant’anni fa, quelle campagne, quei paesaggi, quegli spintoni per i posti a cinema, quelle notturne passeggiate e quelle infinite discussioni della comitiva, mi appartenessero.
Adesso che, invece, d’un fiato li ho riletti tutti, quella sfumata percezione, mano a mano che scorrevano le righe e le pagine, si è trasformata in consapevolezza. Ho rivissuto ogni ricordo della fanciullezza, dell’adolescenza e della giovinezza, come se fosse ieri, mentre le tue pagine illuminavano come un grande faro quella realtà vissuta e dimenticata. Sono andato, poi, avanti ed ho ricordato le affannose corse mattutine per arrivare appena in tempo a cavalcare quel cavallo un po’ bolso del trenino della “garganica”.
Quello è stato il tempo più bello e più impegnativo per noi. Quello che cominciava a distinguerci e caratterizzarci. Il tempo che ci consentì di discutere, di orientarci, ognuno verso un orizzonte diverso ma dettato solo dalla propria coscienza e intelligenza, vivere le prime esperienze giornalistiche: “Città futura” e l’-Astrolabio- giornalini studenteschi ciclostilati in proprio e distribuiti ai nostri compagni di viaggio e di studio che non ci leggevano e che anzi, biasimavano un po’ la nostra voglia di dire al mondo come immaginavamo la vita, la società e l’onestà.
Ho ricordato la mia motocicletta MV 125, le incoscienti corse con te o con Mario sul sellino, anche a scendere le scale del Canale Stignano e quelle du S’rp’nton’, ora spianate in cemento. Dopo quel bellissimo periodo io e te siamo andati via insieme per raggiungere Firenze e iscriverci all’università, tu alla facoltà di lettere ed io a Biologia. Ricordo che ci fermammo a Roma per salutare degli amici e ripartire la mattina dopo. Non potemmo più andare a Firenze perché quella notte si verificò l’alluvione per la tracimazione dell’Arno e ci fermammo a Roma e, dopo qualche avventura nella calca degli autobus, lì ci siamo iscritti.
Era un altro mondo. Un mondo che adesso è cambiato. È cambiata la percezione dei valori della vita, non è più il tempo delle amicizie profonde, del rispetto, della lealtà e dell’onore, come era quello che abbiamo vissuto. Quel mondo non potrà mai ritornare, ma resteranno i tuoi pensieri e i tuoi messaggi che coltiveranno la speranza che i giovani e le generazioni future possano acquisire i valori, gli entusiasmi ele sane passioni che lo caratterizzarono.
Un bellissimo ricordo di te lo conserverò come una reliquia. I lunghi e caldi pomeriggi che abbiamo passato nel piccolo locale di editoria e stampa di G. Ricciotti, a rivedere e correggere le nostre rispettive pubblicazioni, a ridere, scherzare e scambiarci ricordi e battute spiritose ed a meravigliarci di quello che stavamo facendo, quasi increduli che due studentelli senza un preciso traguardo e solo con qualche sogno, fossero giunti a scrivere e pubblicare libri, editoriali e articoli per raccontare storie e sentimenti popolari.
Grazie caro amico, grazie per il tuo perenne affetto; hai creato, ogni volta che ricordavi l’infanzia, i sentimenti e gli affetti, occasione per far scalare, a me e a tantissimi altri, parecchi pesanti annetti all’indietro e dare una spinta di ottimismo. Le tue riflessioni saranno importanti lezioni di vita per i giovani del futuro. Grazie per avermi sempre portato nel cuore come ti ho portato anch’io e ti assicuro, lo farò per sempre.
Mario Ruscitto