Mafia, lo Stato abbandona il Gargano

Sul Gargano si ammazza, si spara, vigono le logiche criminali: sopraffazione, violenza, omertà, paura e “rispetto”. La Montagna Sacra è una polveriera di criminalità. La risposta dello Stato italiano è deprimente!

Il tribunale di Lucera e le sue due sedi distaccate di Rodi Garganico e Apricena sarebbero state soppresse (condizionale d’obbligo, qualche spiraglio di mantenere l’attuale stato dei luoghi c’è, siamo in Italia). Complice la eliminazione della Procura di Lucera, il magistrato Domenico Seccia, simbolo della lotta alla mafia garganica, dovrebbe essere trasferito a Fermo, nelle Marche. 

Nell’ultimo mese: duplice omicidio ad Apricena e colpi di arma da fuoco contro un dipendente dell’azienda che gestisce la Marina di Rodi Garganico. Le indagini dei due morti ammazzati ad Apricena (Michele e Giuseppe Padula, allevatori, nipote e zio, di 28 e 45 anni, inseguiti e uccisi a colpi di fucile calibro 12 sulla strada che collega Apricena a San Paolo Civitate, mentre, a bordo di un fuoristrada Nissan, stavano andando alla loro masseria) sono  condotte dai carabinieri del Comando provinciale di Foggia, coordinate dal Procuratore capo della Dda di Bari, Pasquale Drago e dal pm Giuseppe Gatti, oltre che dal Procuratore capo di Lucera, Domenico Seccia e dal pm Maria Teresa Muscatelli, della Procura di Lucera. Inchiesta che, al pari di altre, vedi ad esempio quella sull’incendio di mezzi utilizzati per la raccolta dei rifiuti nei centri di San Nicandro e Vico del Gargano, dovranno trovare un nuovo responsabile. In altri termini ripartire daccapo.

Ad una escalation delle azioni criminali fa da contraltare la snervante (o forse sarebbe più opportuno dire complice) risposta dello Stato. Con scelte paradossali. Effettuate da chi, a Roma, non conosce né il territorio né i gruppi criminali e mafiosi che tentano, a volte riuscendoci, di determinare scelte e investimenti, attraverso un controllo del territorio capillare.

Si chiudono tribunali (Lucera resterebbe in piedi, per altri due anni per terminare alcuni processi civili) come fossero circoli privati dove quattro pensionati si incontrano per fare una partita a carte. Dimenticando che in quelle stanze, su quelle strade, c’è gente che, per combattere il malaffare e le organizzazioni mafiose, ha rinunciato alla propria libertà.

Solo un anno fa, l’allora ministro degli Interni, Anna Maria Cancellieri, aveva annunciato: «presto una sede della Dia (Direzione Investigativa Antimafia) sul Gargano». Dichiarazione rilasciata l’11 ottobre del 2012 a Vieste per l’inaugurazione dello Scialì, locale distrutto dalle fiamme della mafia e riaperto grazie al coraggio dell’imprenditore. Ad un solo mese dall’annuncio del ministro la risposta della mafia. Peschici, 12 novembre 2012, Rocco Tavaglione, guardiano presso uno stabilimento balneare ubicato a pochi chilometri dal centro abitato, viene brutalmente ammazzato.

Anno 2013. Il ministro degli Interni presenta la propria relazione scritta al Parlamento: attività svolta e risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia. Nel secondo capitolo, organizzazioni di tipo mafiose autoctone, pagina 194, paragrafo delle conclusioni, descrive così il contesto garganico: « Dinamiche di ridefinizione degli assetti dei vecchi gruppi della società foggiana e contemporaneo contenimento delle iniziative di gruppi di gregari e/o emergenti; specializzazione paramilitare dei locali gruppi criminali nelle rapine a portavalori e tir; tentativi di penetrare nuovi settori imprenditoriali quali la gestione dei rifiuti». È evidente che conoscono le potenzialità criminali delle organizzazioni foggiane e garganiche.

Oggi, Anna Maria Cancellieri, promossa ministro della Giustizia, non solo dimentica la promessa fatta un anno fa ma chiude la Procura di Lucera.

Un triplo regalo -la soppressione del tribunale-il trasferimento di Seccia-la mancata sede della Dia- fatto dallo stato italiano (la esse di stato è scritta volutamente in minuscolo) alla mafia del Gargano e alla criminalità foggiana, che da tempo sopprimono e condizionano le scelte sulla Montagna Sacra e nella Capitanata.

Una sorta di “nulla osta statale” alla mafia per farla tornare in pieno possesso del territorio.

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