Strage S. Marco: che succede sul Gargano?

Siamo a 40 gradi, il sole graffia il viso e le mani dei braccianti che raccolgono pomodori, in fretta, per poi passare a tagliare l’uva. Si l’uva ad agosto perché il caldo accelera il tempo di maturazione dei frutti buoni di questa amata terra. Una mattina silenziosa su una strada trafficata. I Paesi dell’Alto Tavoliere per quella strada raggiungono la Città di San Pio dove aver attraversato il territorio del Santuario di Stignano e poi la laboriosa città di San Marco in Lamis.

Qui da noi, nella piana, ad Apricena, i braccianti di San Marco sono noti come gente che ama lavorare, che non si tira indietro, che vede dove mettere le mani per dare da mangiare la famiglia, per far studiare i figli per onorare le scadenze. Qui la gente onesta lavora e paga, ma quando si paga con la vita si è superato ogni limite di esistenza. Nel mentre la gente onesta lavora in campagna si sentono spari, si uccide, si rompe il silenzio della campagna e del lavoro. Questa è mafia. 

La scena del crimine, per usare un linguaggio tecnico professionale, parla chiaro. Nel vocabolario si iscrive alla parola agguato, sparatoria, ma nella lettura di area criminale si dice: MAFIA. Sarà la quarta mafia, ma sempre mafia. Non è la dimensione di classifica a definire un fenomeno criminale, anche perché se leggiamo bene i numeri, prendiamo atto di un fenomeno, che va fermato, con ogni mezzo.

Venticinque omicidi e dodici agguati falliti in meno di due anni.  Questi numeri nascondono una dinamica di potere criminale mafioso. La criminalità che agisce in Provincia di Foggia “appare tuttora impenetrabile, spietata e pericolosa”, ed inoltre aggiunge la Direzione Nazionale Antimafia, nella Relazione Annuale, “la progressiva e costante evoluzione verso il moderno modello di “Mafia degli affari”, ben espressa dalla penetrante infiltrazione nell’economia legale.

Questa è mafia senza sé e senza ma. Bisogna reagire. C’è la necessità di riprodurre anticorpi di legalità ad ogni livello di relazione territoriale. Nessuno faccia lo struzzo, la testa non sotto terra, ma alta e lo Stato mobiliti e smuova tutta la sua forza, usi il monopolio della forza che gli compete. Ognuno dia segnali chiari. Bisogna iniziare dalle parole, e seguire con i comportamenti.

È necessario, e non più prorogabile, ridisegnare lo spazio pubblico, come spazio di tutti e di legalità. Nello spazio ci siamo tutti. Ci sono i nostri comportamenti

Bisogna marcare con forza i confini, tra legalità e illegalità. I cittadini devono cogliere subito da che parte sta la legalità, ed invece a volte, l’opacità di alcuni comportamenti mandano messaggi ambigui. Bisogna elevare, nelle Istituzioni, il livello di lettura delle dinamiche dell’economia legale.  

Credo sia utile ripristinare da subito il controllo preventivo della legittimità degli atti. Chi rappresenta le istituzioni non deve, in alcun modo frequentare spazi e luoghi governati dalla criminalità. Bisogna stare lontani. Questa “mafia degli affari” si mescola e cerca di confondere. 

Il mercato della droga si nutre e si genera di acquirenti. Comportamenti che generano liquidità, e che la mafia degli affari deve investire in economia legale. Le estorsioni immettono nel sistema produttivo pulito, paura e drenano denaro che genera complicità di comportamenti. 

In questi momenti non sentirsi soli ed isolati.  Non Bisogna lasciare cadere il fatto mafioso, è necessario parlarne, discuterne, bisogna alzare il livello della attenzione della opinione pubblica, locale e nazionale. Parlarne è già tenere alta l’attenzione, non bisogna abbassare la guardia.

Nel silenzio la Mafia copre lo spazio pubblico. Ora servono gli arresti e non le interviste, non i convegni. Ce necessità di forze dell’ordine. Servono i processi, le condanne, non le divergenze e le discussioni.

Questa è la nostra terra, è necessita della nostra reazione.


Tommaso PASQUA
Operatore Sociale-Criminologo
Dirigente Politico

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