Ricordando Galliano Passerini

 

A 86 anni compiuti, Galliano Passerini, uomo tranquillo, da sempre appassionato del proprio lavoro di fotografo d’arte, attivo, impegnato, con una vita dinamica e piena di soddisfazioni,  ha lasciato improvvisamente un vuoto incolmabile. Simpatico e vivace toscano di origine, letteralmente innamorato del fascino paesaggistico e della cordialità del Gargano, da quando lo aveva visitato per un reportage fotografico, negli anni ottanta, aveva scelto di trascorrervi i suoi anni, appena giunto al pensionamento, dopo una lunga attività artistica. Infatti, viveva a San Nicandro, pienamente inserito e apprezzato, condividendo numerosissime amicizie di tutte le età.

È molto interessante e particolarmente apprezzato il curricolo di vita di Galliano Passerini: trasferitosi giovanissimo a Roma, ha frequentato  il  Centro  Sperimentale  di cinematografia, laureandosi come cineoperatore e seguendo anche i corsi di regia, sceneggiatura e produzione. Ha tenuto corsi di fotografia presso l’Università Popolare di Siena. Nella doppia veste di regista e di operatore ha realizzato alcuni documentari d’arte in collaborazione con il Cineclub di Siena. Negli anni ‘70 ha preso anche parte come attore in film di produzione italiana. È stato membro di  giuria in  occasione  di  competizioni  cinematografiche e  fotografiche (Ischia film festival). Ha collaborato per la fotografia con Vittorio De Sica negli ultimi tre film da lui diretti (Lo chiameremo Andrea, 1972; Una breve vacanza, 1973; Il viaggio, 1974).

Giornalista pubblicista dal 1980, è stato per circa trent’anni fotografo corrispondente e inviato del «Radio corriere TV» e collaboratore dei periodici «Life», «Paris Match»,«Elegant Welt», «Epoca», «Panorama», «Il Venerdìdi Repubblica», «L’Espresso», «Opera News», «Opera International».

È stato per oltre vent’anni il fotografo dell’Accademia Chigiana di Siena, per circa un decennio dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia in Roma, durante la direzione artistica di Leonard Bernstein e per un lustro del Festival Pontino di musica da camera di Sermoneta. È stato consulente di importanti programmi della Rai come Uno mattina, Sereno variabile, Detto tra noiVoglia di musicaCronaca in direttaMade in Italy e ha realizzato una serie di documentari sui teatri lirici italiani per Rai America.

In ambito musicale Galliano Passerini è stato organizzatore (Concorso “Callas”, Rai3), impresario e talent scout (Cecilia Gasdia, Kathleen Solose, Rosa Ricciotti (cantante lirica e docente, nostra concittadina), Uto Ughi, Nicola Martinucci, Orchestra della North Carolina School of the Arts), commissario di giuria in concorsi nazionali e internazionali, sia di canto sia strumentali (Atri “Duchi di Acquaviva”, Busseto “Ziliani”, Caltanissetta “Bellini”, Catania “Voci belliniane”, Enna “Neglia”, Montecorvino Rovella, Roma “Sor”).

Ha sempre amato l’arte fotografica: “È stata la mia vita fare fotografie e non è mai stato solo un lavoro; esso è stato la mia vita”. Galliano, inoltre, è stato consulente di importanti programmi della Rai come Uno mattina, Sereno variabile, Detto tra noiVoglia di musicaCronaca in direttaMade in Italy e ha realizzato una serie di documentari sui teatri lirici italiani per Rai America.

Ma ciò che lo ha particolarmente distinto sempre è stata la sua tecnica fotografica: non il tradizionale mezzobusto o la posa statica, bensì l’immagine capace di “raccontare, di saper sintetizzare un evento, una storia in uno scatto. Risultato ottenuto, si badi bene, non attraverso la successione di più fotogrammi come potrebbe avvenire in sequenze o in un video o nelle antiche stereoscope, ma grazie a uno solo frame, un frammento ‘parlante’, in grado cioè di  superare la  dimensione  della  memoria  e  della  testimonianza, aggiungendovi il valore del racconto e dell’immaginazione, che proprio nella parola ‘immagine’ trova la sua radice semantica.

Egli stesso dichiarò in un’intervista Adnkronos del 6.5.1996: “Non amo le pose scultoree, la staticità dinamiche dirompenti che animino i miei protagonisti, che lascino trasparire, al di là del gesto, di immagini sommerse da un torpore inviolabile... desidero piuttosto imprimere alla foto un’anima”. La qualità del suo artigianato artistico, come i quadri di un grande pittore ai quali è superfluo avvicinarsi per leggerne la firma, unita alla personale cifra stilistica, rendono le suo foto uniche e riconoscibili. Tutti coloro che lo hanno conosciuto bene difficilmente lo dimenticheranno.      

Leo Caputo 

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