Con l’avvicinarsi della bella stagione, sono sempre più frequenti giornate di sole con temperature in aumento. Che sia per una manciata di asparagi o per una piacevole passeggiata immersi nella natura, chiunque stia a contatto col verde considera l’ipotesi di imbattersi in incontri sgradevoli e potenzialmente pericolosi.
La paura dell’uomo per alcune specie di animali è atavica. Tra queste, una posizione di rilievo è occupata sicuramente dai serpenti. Per alcuni si tratta di una vera e propria fobia: la ofidiofobia.
Anche il più temerario degli escursionisti teme un incontro ravvicinato con queste creature striscianti. È innato averne paura, da qualunque visione se ne consideri l’origine. Nella cultura cristiana vengono associati al male, tanto che nella Genesi era proprio un serpente ad aver tentato l’uomo, causando l’origine di tutte le sciagure. Da un punto di vista prettamente scientifico, è puro istinto di autoconservazione.
Ma quanto è pericoloso incontrarne uno?
È bene conoscere il “nemico” che abbiamo di fronte, anche se di nemico non si tratta. Il serpente è predatore e preda allo stesso tempo; l’uomo non è sicuramente tra i suoi obiettivi di pasto.
In Italia abbiamo diverse specie di serpenti che possiamo raggruppare in viperidi e colubri. Le prime, quelle che chiamiamo comunemente vìp’r, sono le più temute per il loro veleno; le seconde, famiglia a cui appartengono bisce e cervoni, sèrp’ e c’r’vun, vengono ugualmente temute, pur essendo meno preoccupanti, se non per gli allevatori di pollame.
Tra le quattro specie di viperidi presenti in tutta Italia, nel sannicandrese è possibile incontrarne “solo” due: la vipera comune, o vipera aspis (nomenclatura binomiale da cui deriverebbe anche l’altro nome per identificarla, “aspide”, erroneamente attribuito ai soli esemplari maschi), lunga circa 80 centimetri e di una colorazione che va dal grigio all’amaranto, a seconda dell’habitat in cui vive, presente sia in pianura che in zone montuose e collinari; e il marasso, o vipera berus, o vìp’ra ruspàla, leggermente più corta della precedente, ma molto simile, se non per i colori più accesi. È la specie di vipera che frequenta maggiormente zone paludose e sorgenti d’acqua.
Attorno a queste ultime, nel corso degli anni, sono nate numerose leggende e luoghi comuni che affondano le loro radici in credenze popolari, anche piuttosto fantasiose. Si racconta di averla incontrata molte più volte di quanto non accada realmente. Le fobie, per loro caratteristica, cercano giustificazioni all’eccessiva reazione causata dalla vista del “nemico” in questione, se ci aggiungiamo che quest’ultimo è potenzialmente una vipera, ovvero un animale che potrebbe mettere realmente in pericolo l’incolumità dell’individuo, si tende facilmente a vederlo anche laddove non c’è, o è qualcos’altro, come ad esempio un serpente innocuo che, per mimetismo foberico (l’arte di imitare i cattivi della natura per spaventare i nemici) le somiglia molto per disegni e colorazione.
Come saper riconoscere allora una vipera?
Innanzitutto è bene precisare di starne alla larga comunque, che il serpente in questione sia velenoso o meno; d’altronde un morso, seppur non velenoso, è pur sempre un morso, con tanto di possibile infezione al seguito.
Il primo segno distintivo che salta subito all’occhio è la lunghezza ridotta, testa triangolare a punta e coda corta e tozza. Una vipera ha una lunghezza media che va dai 70 ai 90 centimetri al massimo (ovviamente si sconsiglia di misurarla), mentre i normali serpenti hanno testa tondeggiante, coda lunga e sfinata, con dimensioni complessive maggiori, anche fino ai 2 metri. Altri segni distintivi sono la forma della pupilla, alla vipera è dritta e verticale (per notarla dovreste scambiare due chiacchiere e non mi sembra il caso) e l’andatura lenta. I serpenti NON velenosi hanno pupille circolari e si muovono molto più velocemente con andatura nevrotica.
Perché queste caratteristiche? La vipera è un predatore passivo, non possiede veleno per essere dispettosa nei confronti dell’uomo, è la sua arma per procurarsi del cibo. Per cacciare si apposta, attende la preda e morde, poi aspetta che il veleno agisca. Non si è evoluta per essere veloce, non le servirebbe granché, a differenza dei serpenti costrittori, predatori attivi.
Difficilmente potremmo essere colti di sorpresa, ma non sono rarissimi i casi di morso. Tutti i rettili hanno un udito poco sviluppato, altresì sono estremamente sensibili alle vibrazioni del terreno. Sarebbe buona norma avere un bastone di compagnia durante le nostre passeggiate in natura, per battere costantemente a terra, sulle rocce o l’erba, per allarmare anzitempo il rettile, il quale cercherà un rifugio o una via di fuga. Una vipera ricorre al morso solo nei casi in cui si senta in pericolo, messa alle strette o calpestata. Qualora invadessimo il suo territorio, ci soffierebbe come avvertimento, lasciando l’ipotesi del morso come ultima scelta: il veleno rappresenta una caratteristica preziosa, da esso dipende la sua sopravvivenza ed eviterebbe volentieri di sprecarlo attaccando l’uomo.
Se mai accadesse, la regola principe è sempre quella di mantenere la calma, evitando movimenti il più possibile, farsi trasportare al pronto soccorso o far intervenire il 118 sul luogo del misfatto. Soprattutto NON: disinfettare con alcool, fare impacchi di ghiaccio, somministrare alcolici, incidere la ferita o succhiare il veleno. I peggiori danni in questi casi sono rappresentati dall’agitazione e l’attuazione di rimedi poco utili che, anzi, aggravano la situazione.
La vipera è un animale timido, non attacca mai l’uomo o i nostri cari amici a quattro zampe se non per difesa. Se avvistiamo una vipera, restiamo calmi e sarà lei ad allontanarsi.
Non è un animale cattivo, vive semplicemente secondo la sua natura.