Erano i lontani anni Sessanta quando internet vide la luce per la prima volta per opera degli Stati Uniti. Un tantino diverso da come lo conosciamo oggi. Unico intento: creare un sistema di difesa e controspionaggio da attuare in piena Guerra Fredda. Divenne cosa pubblica solo nel 1991, insieme alla nascita del World Wide Web. Diffusosi in tutto il mondo, l’Italia fu il terzo Paese europeo a connettersi alla rete.
Nel 1995 entrava delle case degli Italiani a cifre proibitive, con tariffe a dir poco imbarazzanti, fino al 2000, quando ci fu un vero e proprio boom di nuove utenze, diventando un servizio alla portata di tutti.
Ricordo ancora il suono che emettevano i primi modem 56k: se ti andava bene riuscivi a connetterti al primo tentativo, altrimenti ti toccava ripetere daccapo tutta la tiritera. Fare una ricerca per riascoltare “il suono” ha fatto riaffiorare in me parecchi ricordi legati a quell’epoca; per i più giovani potrebbe essere un buon motivo per scoprire qualcosa di nuovo, ben lontano dal prendere uno smartphone in mano ed essere perennemente collegati con il resto del mondo.
C’erano le chat-line e i forum, pace all’anima loro, ne rimane solo il ricordo o qualche vecchio baluardo ormai smembrato della sua struttura portante. Cercavi di conoscerti con qualcuno, scambiare due chiacchiere, provare ad essere quello che non eri e, per alcuni, un buon mezzo per trovare l’anima gemella. Oppure dicevi la tua su un forum, “luoghi” tematici di qualsiasi natura, dai più famigerati a quelli di nicchia, esisteva un forum praticamente per tutto. Avevi la passione per gli orologi? Trovavi un forum che faceva al caso. Per il rock, la moda, le auto, le barbie? Da qualche parte sul web c’era uno spazio popolato da gente con la tua stessa passione dove l’unico (o quasi) argomento era quello.
Facebook ha distrutto tutto, nel bene e nel male. Quelli che erano i forum, oggi sono la Pagine. Il profilo personale è diventato il proprio Diario e le chat, il servizio di messaggistica interna. L’unica sostanziale differenza nel modo di vivere il digitale, e l’analogico nella vita quotidiana, è lo scambio di priorità nell’individuo nella scelta tra essere o apparire.
Una volta si usavano i nickname, un nomignolo, un soprannome. Nulla proibiva di farsi chiamare Batman o Banana33, giusto per citare il buon Checco Zalone, e avevi un avatar, un’immagine che per certi aspetti ti caratterizzava. Ci si nascondeva meno dietro ai propri nickname, di quanto non lo si faccia ancora adesso dietro ai propri nomi. I pionieri della rete sicuramente ricorderanno TalkTalk e C6, poi mIRC e, contestualmente alla nascita di tutto ciò, Napster ti dava la possibilità di scaricare la tua musica preferita: un brano in mp3 a bassa qualità ottenibile in circa 30 minuti.
Era praticamente impossibile che qualcuno andasse oltre al nome reale nelle presentazioni. La foto? Neanche l’ombra se prima non ti “conoscevi” abbastanza da avere fiducia con l’interlocutore dall’altra parte dello schermo. E poi, lo scanner mica tutti ce l’avevano?
Se qualcuno avesse detto che in un futuro non molto lontano la gente avrebbe usato internet con nomi e cognomi, pubblicando foto in quantità, avrebbe fatto più o meno lo stesso effetto di Galilei quando sosteneva che la Terra non fosse piatta.
Oggi conta di gran lunga l’apparire. Qualche simpaticone direbbe che nel 2000 t’aviva bbatt’ u’ maton’ mbett’ per ricevere la foto della ragazza con cui chattavi da mesi. Nell’odierno viene naturale, se non lo fai sei quasi strano. Devi far vedere sulla piazza virtuale quanto sia fantastica la tua vita, la tua gita, le tue vacanze, il tuo vestito nuovo. Oggi devi essere perfetto davanti l’obiettivo della fotocamera, così tanto che quando ti incontrano per strada, quasi non ti riconoscono.
Oggi conta l’apparire, come quando l’inviato del TG parla dell’ultimo omicidio e la gente si accalca alle spalle per salutare e comparire in televisione. Perché è questo l’obiettivo ultimo che ci è stato inculcato, apparire mettendo da parte l’essere.
Sarei curioso di sapere cosa sognano di diventare i bambini di oggi. Il messaggio è che vivere una vita da ragioniere, fabbro o postino, non meriti di essere vissuta. Salvo poi rendersene conto quando le cose diventano più dure.
Oggi conta essere youtuber, con la parvenza e l’illusione di avere una certa notorietà, purché si compaia sullo schermo di qualcun altro. Conta apparire nel talent di turno per soddisfare la voglia di diventare “famoso”. Conta fare i modelli sulla bacheca del social dove le uniche persone che ti ammirano sono le stesse che incontri durante la passeggiata della domenica, solo che se lo facessi per strada, ti prenderebbero per scemo, e forse lo fanno anche davanti le loro tastiere, perché scemo lo sei veramente.
Oggi contano tante cose che non dovrebbero contare, “armi di distrazione di massa” e, vi prego, non ditemi che, almeno una volta, non ci siamo cascati tutti.