Tanto per cambiare

    Chi crede nei cambiamenti è sempre etichettato come un sognatore e spesso, quei sogni, sono considerati utopici.

    “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo” diceva Mahatma Gandhi, una delle più belle citazioni che abbiano mai ascoltato queste orecchie, o meglio, letto questi occhi per tramite del pensiero. Il suo invito era quello di agire, in quanto il solo desiderio del cambiamento, senza azione, è qualcosa destinato a scomparire e a non realizzarsi: diventare ciò che sentiamo di essere, vivere di principi e di giuste cause.

    Il desiderio, il pensiero del cambiamento, da solo non basta, ma è necessario anche quello. È il punto di partenza per qualsiasi obiettivo: senza un pensiero alla base, nulla comincia a prendere forma. 

    Pensi che hai fame, cominci a preparare la cena: è la formula corretta. Il solo pensiero di preparar da mangiare, credo proprio non sazierà mai i nostri stomaci. Siamo abituati però alla cena che ci prepara la mamma e, perdonate l’allegoria, questo sta alla base della problematica situazione di stallo di un’intera popolazione, senza distinzione di generalità.

    Per cambiare l’Italia, bisogna cambiare gli Italiani.

    Già! Suona un po’ alla Garibaldi. E se vogliamo, possiamo iniziare dal piccolo e pensare che vale lo stesso principio per San Nicandro, per la nostra famiglia e, in primis, per noi stessi.

    L’Italiano gode di un proprio pensiero, di una propria visione delle cose, ma nel concreto non applica nulla di tutto questo. L’Italiano, a mio modesto parere, è potenzialmente un genio rispetto ad altre popolazioni; è spavaldo, ne è consapevole, solo che spesso lo dimentica o è troppo indaffarato a pensare, anziché agire. Perché in fondo è più comodo parlare per frasi fatte o aspettare l’operato altrui, per poterlo poi giudicare, criticare e stabilire come andrebbe fatto meglio.

    Sento gente di una certa età elogiare la Germania, quelli che nel passato hanno avuto bisogno di emigrare per guadagnarsi un tozzo di pane; la elogiano per il modo di come è organizzata e per il suo ordine. La puntualità e la precisione sono per la Svizzera i suoi cavalli di Troia, per non parlare del Giappone, dell’Australia e… l’Italia? 

    «In Italia tutti corrotti e magnaccioni, paese di raccomandati, di furbetti e farabutti», griderebbe lo stolto. Poi continuerebbe: «Perché in fondo, in Italia, le leggi ci sono, ma bisognerebbe applicarle».

    In Italia le leggi ci sono, bisognerebbe solo applicarle. Agli altri però.

    Leggenda narra che, sempre in Germania, parcheggiare a una certa distanza dai marciapiedi o con una gomma poco sopra le strisce, è motivo di contravvenzione. In Italia le leggi sono le stesse, abbiamo una patente con tanto di bandiera europea stampata in un angolo.

    «Come in Germania dovrebbero fare», direbbe lo stolto di prima, chiacchierando con gli amici al bar mentre la sua auto è a ridosso di una banchina, davanti all’ingresso di un parco o nel bel mezzo di un incrocio. O magari al centro di una piazza piastrellata, proprio come quella che abbiamo a San Nicandro e chiamiamo “Pozzo Bove”, tanto da impedire la corretta circolazione o permettere alle macchine stazionate regolarmente di uscire dal loro spazio. Lo direbbe con una convinzione tale da essere credibile, e lo credi veramente. Mentre lo dice, pensi: “Quasi quasi la prossima volta lo dico anch’io”. Perché questo ci vorrebbe, solo applicare le leggi; perché la legge è una questione oggettiva. 

    E allora esce dal bar e trova un foglietto sul parabrezza: è una multa. Legge una scritta che riporta: “Auto parcheggiata fuori dagli spazi consentiti”. Guarda a terra e nota che l’ha messa 7 centimetri fuori. 

    «Per 7 centimetri?» comincerà a sbraitare. «Per 7 stupidi centimetri? La gente parcheggia sugli alberi e io dovrei prendere una multa per questo? I vigili non ci sono mai e proprio a me dovevano riprendere?»

    L’italiano vuole che l’Italia cambi, ma lui non vuole cambiare. In fondo si sente comodo nel suo letto di aghi di pino, dove è vero che punge, ma se trovi la giusta posizione stai comodo. L’Italiano sa come andrebbero fatte le cose, si lamenta del Governo e delle Forze dell’ordine, perché non fanno, ma se lo toccano “chissà chi gli ha regalato quella divisa”. All’Italiano piace fare tante cose e mettersi in competizione, ma se qualcuno si classifica meglio di lui è raccomandato. Per non parlare di questi ultimi, che brutta specie, “se lo davano a me quel posto, l’avrei fatto sicuramente meglio”.

    Per cambiare l’Italia, bisogna cambiare gli Italiani. Per cambiare gli Italiani, bisogna cominciare da sé stessi.

    «Che brutto paese l’Italia» direbbe sempre lo stolto di prima, di ritorno a quel bar. «Sai che l’altro giorno mi hanno multato?»

    «Veramente?» chiederebbe un suo simile.

    «Ti sembro uno che scherza? Solo perché avevo parcheggiato l’auto 3-4 centimetri fuori dagli spazi. O forse era solo 1 centimetro, non ricordo».

    «Che paese di merda!»

    «Già! Da questo paese dobbiamo solo andarcene se vogliamo avere un futuro. Nord e sud, è tutta la stessa schifezza. Meglio andarcene in Germania».

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