Cos’hanno in comune San Biagio, San Sebastiano e Sant’Antonio abate? Dare una risposta al quesito mi sembra quasi un’offesa all’intelligenza.
Da tempo immemore esiste la tradizione di accendere i falò nelle giornate del 17, 20 gennaio e 3 febbraio. Tradizione nostrana verrebbe da pensare, ma che abbraccia quasi tutta la penisola e oltre. Di paese in paese, ognuno lega il “rito” del fuoco a una festività o un santo differente. Basti pensare che nella vicina città di Apricena è in uso farlo nel giorno dell’Immacolata Concezione, a San Marco durante i riti della Settimana Santa con le caratteristiche fracchie, fino ad arrivare in Val Trebbia nel giorno di San Giuseppe, per accompagnare la fine dell’inverno verso la primavera, o nell’interland milanese, anch’essi legati alla tradizione di Sant’Antonio.
Scavando a fondo, ognuno conserva un particolare ricordo legato a un falò che, a pensarci bene, è solo un pretesto. Un pretesto per lo spirito di aggregazione che riesce ad accendere: una danza, un canto popolare, una grigliata, e torni a casa col sorriso sulle labbra (oltre agli abiti ammorbati di fumo). Mi chiedo: la tradizione di accendere i falò è ancora viva e vegeta? Per la mia personale risposta, vi rimando a fine articolo.
Guardavo le riprese mandate in onda dal nostro portale, in occasione del trentesimo anniversario di un falò risalente al 17 gennaio 1988. Un archivio storico televisivo della vecchia TVS, arrivato ai giorni nostri grazie a Matteo Santamaria, proprietario dell’emittente e custode dell’intera documentazione video negli anni a seguire. Se come unità di misura usiamo la “tecnologia”, sembrano passati millenni, se usiamo il “modo di pensare”, potremmo dire sia trascorsa solo qualche ora.
C’erano dei ragazzi, oggi uomini e donne di mezza età, a ballare come forsennati attorno alla pira, in stile tribù indiana mi viene da pensare. L’inviato della trasmissione focalizzava l’attenzione sui canti popolari, sulle vivande, a intervistare i veterani e gli organizzatori. La voce del popolo aveva le stesse argomentazioni di oggi: ringraziavano l’emittente per aver riacceso la tradizione, grazie allo spirito di intraprendenza e passione che dedicavano alla cosa, invitando l’intera cittadinanza a non perdere la voglia di tramandarla.
Trent’anni fa come oggi. Negli anni Ottanta scongiuravano l’ipotesi che una tradizione potesse smarrirsi nei meandri del tempo, una tradizione tramandata dai padri e dai nonni, una tradizione considerata in pericolo. Negli anni Dieci del XXI secolo le cose non sono cambiate affatto, eppure i falò sono sempre lì, bruciano puntualmente ossigeno ogni anno.
Cosa spinge i sannicandresi a fossilizzarsi nel passato, nella paura, nella lamentela verso la nullafacenza del prossimo senza preoccuparsi di rimboccarsi le maniche e fare?
“Non è più come una volta” è una frase da cancellare dal proprio repertorio. Nulla è più come una volta, il tempo passa e le cose cambiano, è la legge della vita. Questo tipo di malcontento costringe l’essere umano a giocare una partita persa in partenza. “Prima le strade erano piene di fuochi” o siamo noi a non vivere più le strade? Se la nostra felicità è minata dal vivere poco le vecchie tradizioni, perché non le mettiamo in atto?
Quando nel 1988 i festeggiamenti divampavano per le vie della città, c’era chi si adoperava a tal fine. Oggi le cose vanno avanti, in un modo diverso, ma fanno il loro corso. Non è una gara o una classifica, non ci importa assolutamente nulla se prima i falò erano più grandi o più numerosi. Oggi è diverso com’è giusto che sia, è lo spirito positivo che va conservato.
Se siete dei buongustai, non vi annoierebbe mangiare ogni giorno la vostra pietanza preferita? O magari comprare il giornale e leggere sempre la stessa notizia, le stesse parole da trent’anni. Tradizione è portare avanti un giornale, non ricopiare quotidianamente il suo contenuto. Se avete la buona abitudine di ridere ed essere di buon umore, ridereste ascoltando sempre la stessa barzelletta?
La tradizione dei falò è viva, è l’entusiasmo di chi ha gli occhi chiusi che va spegnendosi. C’è una bella differenza tra il “ricordo” e la “nostalgia”.
Apprezziamo il passato e accettiamo il cambiamento, e se proprio ci manca il falò che organizzavano i nonni nel rione di casa, è la volta buona di procurarci un po’ di legna.