Alcune cose le scopri per caso. La curiosità e la voglia di conoscere il mondo con gli occhi di un bambino, entusiasmarsi, cercare di capire il senso e l’origine delle cose, dei nomi, dovrebbero accompagnare la vita di un uomo, a fianco a fianco per tutta la sua permanenza sulla Terra. Non perché sia di fondamentale importanza; come la Monna Lisa, il suo ritratto resterebbe di tale bellezza anche senza cornice, ma vuoi mettere?
Era la mattina di qualche anno fa, attendevo il solito minuto in auto, affinché la temperatura fosse idonea al motore per affrontare la salita del garage. La mia attenzione andò sul display del cruscotto. Era il sette settembre, o come riportava l’abbreviazione “7 SET”. Un minuto senza far niente è infinitamente lungo a pensarci, quella volta un po’ meno. Alla noia prese posto la curiosità: come mai “sette sette”? E a pensarci bene, accade anche con ottobre – che fa molta assonanza con un otto – a novembre e a dicembre: sette, otto, nove e dieci, solo che sono rispettivamente il nono, il decimo, l’undicesimo e il dodicesimo mese dell’anno. Lo Sherlock Holmes che è in me voleva sapere, innanzitutto se avevo scoperto l’acqua calda, ma soprattutto cosa si celava dietro l’etimologia dei nomi dei mesi.
Riaprendo qualche cassetto della memoria, i mesi del calendario romano in effetti erano dieci e, grazie all’ausilio di qualche ricerca, il mistero era risolto.
Il calendario romano, inizialmente istituito da Romolo, era basato sui cicli lunari. Partendo dalla prima luna piena dell’attuale marzo, i primi quattro mesi dell’anno prendevano nome dalle principali divinità legate alle attività umane: Martius (Marte, guerra), Aprilis (Afrodite, amore), Maius (Maia, fertilità della terra) e Iunius (Giunone, procreazione), i restanti mesi seguivano semplicemente la numerazione: Quintilis, Sextilis, September, October, November e December. In totale il calendario contava 304 giorni, i restanti 61 di inverno non venivano assegnati ad alcun mese (forse i Romani erano troppo impegnati a fare la guerra) per riprendere il conteggio al marzo successivo.
I mesi divennero 12 col secondo re di Roma, Numa Pompilio, con l’aggiunta di Ianuarius, dedicato a Giano, dio degli inizi materiali e immateriali, e Februarius, mese della Februa, della purificazione; calendario riassestato poi con l’adozione di quello giuliano, promulgato da Gaio Giulio Cesare, sulla base del quale venne poi introdotto quello gregoriano, di attuale utilizzo. Così facendo, la numerazione dei mesi fu trasposta di due unità, ritrovando ancora oggi il settimo mese come nono, l’ottavo come decimo e così via.
Luglio e agosto invece? Non più quinto e sesto mese, bensì Iulius e Augustus, in onore di Gaio Giulio Cesare e dell’imperatore Augusto, entrambi di 31 giorni per avere la stessa importanza.
È affascinante scoprire quanto la numerologia e la simbologia abbiano influenzato il mondo così come lo conosciamo oggi, e il più delle volte ne siamo inconsapevoli. I numeri regolano ogni cosa, dallo spazio al tempo, alla materia, ai suoni, alla musica…si pongono alle basi della matematica e della vita stessa.
Alla base di tutto abbiamo i numeri naturali, quelli interi e positivi: i numeri di un bambino, semplici e casti come la sua coscienza. Poi si espande, il bambino cresce e scopre il desiderio, ciò che invece non ha, e quelli sono i numeri negativi, espressione dell’impressione che manchi qualcosa. La coscienza si espande ancora e il bambino scopre gli spazi intermedi, cerca di capire cosa si cela tra le cose, grazie al desiderio di scoperta, di curiosità, così dà vita alle frazioni che, insieme ai numeri interi, danno vita ai numeri razionali. La coscienza non si ferma lì, non ha limiti e supera la ragione, così aggiunge un’operazione assurda come la radice quadrata e ottiene i numeri irrazionali. Tutto questo è una follia perché i numeri sono infiniti, non possono essere scritti e spingono la coscienza all’infinito, a vagare tra gli spazi immensi dell’immaginazione con le radici quadrate dei numeri negativi: quei numeri che nessuna coscienza normale può comprendere. E quando aggiungiamo i numeri immaginari ai numeri reali, abbiamo i sistemi numerici complessi, come la complessità delle nostre vite.
Ogni giorno succedono piccole cose, così tante da non riuscire a contarle. La vita non è fatta solo di grandi avvenimenti, ma di piccoli insignificanti granelli di sensazioni appena percepibili che l’anima respira e grazie alle quali vive.
Il mio piccolo granello, quel giorno, fu di guardare il cruscotto della macchina e pormi un interrogativo. Tutto questo ha cambiato la mia vita? Certamente no, come leggere questo articolo d’altronde. Oggi so qualcosa in più, domani un’altra e poi un’altra ancora. Pensate tra dieci anni.
Un granello è quasi nulla, ma un buon inizio per formare una spiaggia che – si spera – non sia mai l’ultima.