La Festa Patronale si è appena conclusa. Bancarelle, giostrine, zucchero filato. Mortaletti, messe, processione. Saggi, cantante dell’ultima sera, fuochi d’artificio. Tutti a levare le tende e a me sorge sempre spontanea una domanda: «Ma tutta questa gente, il resto dell’anno, dove sta?»
Sarà che sono un po’ ripetitivo, ma questo quesito mi torna in mente puntualmente dopo ogni festa che si rispetti. Bussa e chiede il permesso di entrare nei miei pensieri. Anzi, ormai ci sono talmente abituato che è di casa. E sono anche sicuro di non essere l’unico a pensare questo.
Eppure, se siamo così monotoni di intelletto, un motivo ci sarà, e anche semplice: ogni volta si creano le condizioni giuste per pensarla così. Come quando esci per la spesa, torni a casa, apri la dispensa e ricordi che avresti dovuto comprare i biscotti che, puntualmente, dimenticherai di comprare anche la prossima volta. Ebbene sì, ogni festa per me è una dispensa che manca di qualcosa e mi ricorda di comprarla. Eccome se me lo ricorda!
Manca qualcosa sì, ma cosa? “Domanda da un milione di dollari”, direbbe qualcuno.
È un buon pretesto per mettere la testa fuori dal guscio quello che manca; perché poi diciamocela tutta, chi non ha mai fatto un paragone con le feste limitrofe e aver detto tra sé e sé che la “nostra”, di festa, non è poi un granché. D’altronde può essere anche vero, ma a un buon sannicandrese devi concedergli di dirlo, o almeno pensarlo, altrimenti potrebbe sentirsi un po’ forestiero.
Io invece voglio andare controcorrente e affermare che la festa di San Nicandro è fatta bene e lo è sempre stata. Questo perché viene fatta ai limiti delle nostre capacità e possibilità.
Ricordo che al primo compito di matematica delle elementari, ci assegnarono cinque addizioni e cinque sottrazioni. Presi “Ottimo” perché non feci nessun errore, eppure non ero certo Zichichi. Per quelle che erano le mie conoscenze, avevo dato il massimo.
Non mi sognerei mai di fare il centometrista appresso a batterie pirotecniche; non fa parte del mio DNA oltre che essere categoricamente escluso dal mio istinto di sopravvivenza e proibito dai miei timpani sensibili.
Sono un tipo piuttosto originale io, quindi mi basta solo il pretesto. Indosso la miglior camicia che ho nell’armadio, al massimo ne compro una nuova per l’occasione, e comincio a districarmi tra ingorghi di seggiolini e gente che blocca il flusso del passeggio poiché non si incontra da settimane, o addirittura mesi.
Mesi? In un paese di una quindicina di migliaia di abitanti? Dove tutti conoscono tutti e non sfugge all’attenzione neanche la scoreggia in piazza, direbbero le nonne in vernacolo.
E sì, mesi. Quando non vedi qualcuno che vedi tutti i giorni sui social – gioco di parole a parte –, una domanda dovremmo porcela: forse i social non sono così social se abbiamo la necessità di scambiare due chiacchiere “vere”, se abbiamo bisogno di sentire il calore delle guance che vengono a contatto per un saluto o se abbiamo il bisogno di ascoltare il suono di una fragorosa risata alle nostre battute, anziché un trenino di “A” e di “H” da leggere su un display.
E allora il mio interrogativo resta ancora lì, in sospeso, ma comincio a cambiare destinatario e il quesito lo pongo a me stesso: «Dove sono io il resto dell’anno?» Tra lavoro, casa, tivù e uno smartphone. Ogni tanto un buon libro, ma tutto sembra sempre un po’ grigio. D’estate ci aggiungo il mare e sai cosa ti dico? Quello mi fa essere felice. Sarà l’acqua salata, la sabbia che mi insozza i tappetini in macchina, il sudore che non molla la presa neanche dopo una doccia o le zanzare? No, niente di tutto questo. Ti dico io cosa ti fa essere felice: stare tra la gente.
Credo che quella parvenza di vita dietro una tastiera non fa per me e quando parlo di “Tutta questa gente” comincerò a pensare che anch’io ne faccio parte.
La festa siamo noi alla fine, perché sono sicuro, tutti ci chiediamo dove vanno a finire gli altri nei giorni comuni o il sabato sera, e sempre tutti preferiamo tenere a riposo le natiche per alzare pollici virtuali.
Sai cosa ti dico? Stasera me ne sto in giro e magari conosco qualche volto nuovo, tanto i biscotti posso sempre comprarli la prossima volta.