L'ASP Zaccagnino nella lotta ai cambiamenti climatici

La pianificazione della Fondazione sulle energie rinnovabili

Riceviamo e riportiamo il comunicato dell'ASP Zaccagnino a firma del Commissario Straordinario, avv. Patrizia C. Lusi.

A gennaio di tre anni fa, il Consiglio di Amministrazione dell’ASP Zaccagnino, sensibile alla problematicità derivante dai cambiamenti climatici che stanno investendo il pianeta e che hanno riflessi diretti e profondi sulla vita di ognuno, volle individuare una azione che potesse contribuire, per quelle che sono le possibilità dell’Ente, a potenziare le iniziative in grado di contrastare l’innalzamento delle temperature. Questa attenzione derivava anche dalla constatazione che “l’impazzimento del clima” aveva ed ha conseguenze immediate e pesanti,destinate ad aggravarsi nel corso dei prossimi anni, sulla gestione del patrimonio agricolo dell’azienda, ma soprattutto comporta un indubbio aumento del disagio economico e sociale delle realtà più fragili, specie per i nuclei familiari con minori, ai quali è rivolta l’attività assistenziale dell’ASP.

Da queste considerazioni il C.d.A.,condividendo le finalità generali assunte nell’Accordo globale di Parigi del 2015, fece scaturire un indirizzo specifico al Direttore Generale ed all’Ufficio Tecnico Agricolo, inteso ad individuare una porzione dei fondi aziendali che potessero essere destinati a produrre energia elettrica da fonte solare: ciò avrebbe significato far assumere alla ASP un ruolo fattivo – e non solo dichiarativo di facciata – nell’ambito della produzione di energia pulita da fonti rinnovabili, unica misura a poter effettivamente contribuire alla riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra nell’atmosfera, causa principale del surriscaldamento globale.

Esperiti i necessari approfondimenti e sulla base di attente valutazioni tecniche, vennero così individuati i terreni idonei ad installare pannelli fotovoltaici, delimitando una superficie di circa ottantacinque ettari in agro di San Severo, località “Motta dei Perastri”: una estensione certamente significativa dal punto di vista della produzione di energia da fonte solare, consentendo l’installazione di un impianto che potesse “avere i numeri minimi” per la sostenibilità economica dell’investimento, indubbiamente meno importante sotto il profilo della produzione agricola, per l’ubicazione, per le caratteristiche del terreno, per la destinazione consolidata nei piani colturali aziendali.

La prima constatazione andava infatti riferita alle dimensioni della superficie proposta: si trattava di poco più di ottanta ettari su un patrimonio fondiario totale della Zaccagnino di oltre duemila e duecento ettari (vale a dire, quindi, che i fondi individuati costituivano e costituiscono poco più del tre per cento di tutti i terreni dell’ASP e, sotto il profilo più strettamente agronomico, comunque molto inferiori al 10% della S.A.U. – superficie agricola utile – complessiva aziendale). In secondo luogo veniva osservato che i fondi individuati erano sempre stati destinati alla coltura estensiva del grano duro o dell’orzo, con rese produttive sempre inferiori, date le caratteristiche proprie del terreno, a quelle registrate nei terreni aziendali di San Nazario, ben superiori in termini sia quantitativi che qualitativi. Non di meno andava rilevato che sottrarre gli ottanta ettari di Motta dei Perastri alle colture non avrebbe avuto di fatto conseguenze né sotto l’aspetto della riferibilità dei titoli comunitari riconosciuti all’ASP, né riguardo agli impegni assunti per l’adesione alle “filiere” di grano duro e di orzo da birra; se poi a queste valutazioni si aggiungevano le difficoltà operative per la coltivazione di quei fondi, vista la distanza considerevole dal centro aziendale di San Nazario, si arguiva chiaramente come il “sacrificio agricolo” di questa scelta fosse del tutto trascurabile.

Altro aspetto fondamentale per l’attuazione dell’indirizzo adottato dal C.d.A. ineriva alle modalità di realizzazione dell’impianto di produzione di energia da fonte solare, non potendovi ovviamente provvedere in proprio l’ASP: l’unica strada, quindi, non poteva che essere la concessione pluriennale del diritto di superficie – finalizzata esclusivamente alla realizzazione di impianti fotovoltaici – ad un operatore specializzato, in possesso delle capacità tecniche ed economichenecessarie. Di qui la scelta di indire un apposito esperimento di gara, pubblicando l’avviso per un congruo lasso di tempo non solo sul sito internet dell’ASP, ma chiedendone analoga pubblicazione per una più ampia diffusione alla Regione Puglia, alla Provincia di Foggia, ai sei Comuni nei quali ricadono i terreni della Zaccagnino (San Nicandro Garganico, Apricena, Foggia, Lesina, Poggio Imperiale e San Severo), ed inviandone copia alle Camere di commercio di Foggia e di Bari e, soprattutto, alla Federazione ANIE Rinnovabili, associazione di Confindustria cui aderiscono le aziende che operano nel campo dell’energia da fonti rinnovabili.

Importantissima, poi, era avere sufficiente garanzia di poter ottenere il massimo rendimento dalla concessione, unitamente alla certezza che il concessionario fosse realmente in grado non solo di realizzare, ma anche di gestire l’impianto e assicurare che gli impegni anche economici assunti nei confronti dell’ASP potessero essere mantenuti per tutta la durata del contratto: da qui la definizione dei requisiti – oltre a quelli ordinariamente necessari per poter contrattare con la pubblica amministrazione – chiesti agli operatori da ammettere alla gara, incentrati sulla capacità tecnica ed economica rapportata alle dimensioni dell’impianto, al fine di evitare possibili “intermediari” che operando nel mercato avrebbero potuto limitare i vantaggi per l’ASP e non dare certezze sulla effettiva realizzazione dell’impianto.

Alla gara, espletata in circa novanta giorni da marzo a maggio 2019, parteciparono due gruppi multinazionali specializzati nelle energie rinnovabili, entrambi con impianti realizzati e gestiti in diversi continenti: ad aggiudicarsela fu la Baywar.e., società bavarese già operante anche nella nostra provincia, con un’offerta per ettaro di tremila e centoventitré euro (rispetto all’importo di duemilacinquecento euro a base d’asta): la somma derivante dalla costituzione del diritto di superficie, quindi, consentirà all’ASP di conseguire, per tutti i trenta anni di durata del rapporto contrattuale, un rendimento che la conduzione agricola ordinaria non può affatto raggiungere, apportando così indubbi vantaggi economici e gestionali all’Azienda. Tanto in perfetta attuazione dei principi che la normativa impone alle ASP in materia di gestione del patrimonio, tra i quali va ricordato quello dell’“incremento della redditività annua ai fini di un miglioramento economico e gestionale[1]; infatti, la resa media delle superfici individuate per l’iniziativa, si aggira tra i seicento e gli ottocento euro annui per ettaro, come può evincersi dai piani colturali aziendali, e quindi la concessione consente di triplicare il rendimento economico gestionale del fondo in questione, garantendo un significativo innalzamento delle disponibilità finanziarie per il perseguimento degli scopi statutari ed assicurando, così, una solida base economica su cui poggiare il potenziamento dei servizi assistenziali.

Il progetto relativo all’impianto è stato predisposto e presentato alla Provincia di Foggia ai fini del rilascio del Provvedimento Autorizzativo Unico Regionale (in sigla P.A.U.R.), e si attendono gli esiti della apposita conferenza dei servizi, da poco convocata.

Riguardo al procedimento di autorizzazione, in questa sede non è superfluo ricordare che la normativa attuale, pur complessa e di non facile applicazione, consente – se non favorisce – l’installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili in aree agricole; in primis, non può trascurarsi che l’autorizzazione unica di questi interventi, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, “costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico[2]; di più, nel decreto ministeriale attuativo viene sancito testualmente che “anche gli impianti fotovoltaici possono essere realizzati in aree classificate agricole dai vigenti piani urbanistici senza la necessità di effettuare la variazione di destinazione d’uso dei siti di ubicazione dei medesimi impianti fotovoltaici[3]. Ovviamente, ciò non vuol dire che la possibilità di collocare questi impianti in zone classificate agricole sia liberalizzata tout court, in quanto comunque “nell’ubicazione si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale[4].

E proprio sotto questi ulteriori profili di salvaguardia, la scelta operata dell’ASP Zaccagnino appare più che appropriata: già si è puntualizzato che l’area individuata viene coltivata ordinariamente dalla stessa azienda a grano duro e orzo (oltre a colture da rinnovo, per le rotazioni agrarie, mediante fitti stagionali), e la “tradizione agroalimentare locale” è comunque salvaguardata dalla ASP con la destinazione a grano e orzo dei restanti oltre duecento ettari adiacenti; non vi sono, nella zona del terreno individuato, né vigneti né uliveti né altre specie vegetali che siano messe a repentaglio dall’impianto, quindi certamente non si tratta di aree agricole interessate da produzioni agro-alimentari di qualità (biologiche o D.O.P., I.G.P., S.T.P., D.O.C. o D.O.C.G., giustamente tutelate dal Piano Urbanistico Generale del Comune di San Severo)[5].

Quanto agli aspetti di carattere paesaggistico, l’area d’intervento è inquadrata nell’ambito paesaggistico “Tavoliere”, ed esattamente nella “Piana Foggiana della Riforma”, caratterizzata dalle preponderanti vaste superfici pianeggianti, coltivate prevalentemente a seminativo; proprio la vastità delle superfici seminative che contornano il sito individuato (con gli oltre duecento ettari della sola ASP Zaccagnino, come si è detto,immediatamente adiacenti), danno idea immediata di come l’impatto dell’impianto divenga poco significativo, lasciando inalterata la percezione generale del paesaggio, che rimarrebbe caratterizzata per tutta l’estensione del contesto dalla permanenza delle colture seminative tradizionali (grano, orzo, etc.).

Sempre sotto l’aspetto paesaggistico, va dovutamente evidenziato che la particolarità della presenza, nelle vicinanze dei terreni deputati, della antica masseria Zaccagnino di “Motta dei Perastri”, inclusa nel patrimonio della ASP, ha ispirato un progetto specifico mirato al recupero ed alla valorizzazione di questo bene culturale: predisposto dalla ditta proponente e già positivamente esaminato dal Consiglio di Amministrazione dell’ASP, il progetto è incluso tra le opere che la stessa ditta si impegna a realizzare con oneri a proprio carico, quindi senza utilizzare risorse della Zaccagnino o di altri enti pubblici. Senza scendere nei dettagli progettuali, appare utile sottolineare che è previsto, contestualmente alla realizzazione dell’impianto fotovoltaico,il recupero funzionale del fabbricato, altrimenti destinato a divenire rudere in breve tempo: con la riqualificazione del ricovero degli ovini e l’ammodernamento del caseificio esistenti si renderebbero gli immobili idonei alle produzioni biologiche di un “Caseificio della Transumanza”; con la riqualificazione del fabbricato storico si recuperano locali per ospitare un “Museo della Transumanza” ed annesse aree espositive dei prodotti lattiero-caseari di produzione locale; non di meno, il progetto include anche, mediante l’utilizzo di Arnie di Api domestiche e di Bombi,il miglioramento e la salvaguardia della biodiversità delle specie floristiche in via di estinzione, oltre a consentire una produzione di miele da campo.

L’ASP Zaccagnino, in fin dei conti, con la concessione di una esigua parte dei propri terreni per la realizzazione di un impianto fotovoltaico, ha inteso proporre un calibrato intervento, pienamente rispettoso dello spirito e della lettera delle disposizioni di legge, in certo qual senso antesignano di quella “transizione ecologica” che oggi è uno degli obiettivi primari del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza; non vi è chi possa negare “l’importanza del ruolo delle energie rinnovabili nella riduzione delle emissioni inquinanti causa del surriscaldamento e, soprattutto, sull’importanza di implementare procedimenti amministrativi chiari ed estremamente rapidi per agevolare l’introduzione e l’uso degli impianti per la produzione di energia alimentati da fonti di energie rinnovabili più evoluti (cd FER)[6]. Necessità,questa, ben avvertita dal Governo e dal Parlamento italiano, non a caso intervenuti per ben due volte[7], nel corso del 2021, a modificare la normativa al fine di semplificare l’iter autorizzativo di questi impianti: ed è significativo che si sia ritenuto di dover letteralmente precisare, nella norma introdotta a novembre scorso, che la semplice mancata inclusione di una determinata area nell’elenco delle aree idonee all’installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, non equivalga alla dichiarazione di non idoneità, proprio a voler sottolineare l’importanza di poter superare, in sede di esame di singole istanze, eventuali discrasie con gli strumenti di pianificazione generale[8].

A chi poi obietta che “oggi la Puglia produce più energia di quanto ne consumi”, è fin troppo facile rispondere che tante produzioni pugliesi (vino, olio, pasta, etc.) eccedono la domanda regionale interna: può quindi essere questo un motivo ostativo? Non è forse meglio esportare dalla Puglia energia pulita, prodotta da fonti rinnovabili e a basso costo, piuttosto che importarne dall’estero a costi che stanno rapidamente crescendo e che quasi sempre provengono da combustibili fossili o da centrali nucleari? Senza dimenticare che in Puglia sono operativi diversi impianti che producono energia elettrica dal gas naturale (ovviamente importato dall’estero e soggetto alle tensioni che proprio in questi mesi ne hanno causato un incremento di prezzo senza precedenti), che certamente non favoriscono la riduzione delle emissioni inquinanti in atmosfera; proprio nel foggiano, a non molta distanza dal sito su cui ricadono i terreni individuati dalla Zaccagnino per l’impianto fotovoltaico, si trovano due “centrali a turbogas”, una realizzata nonostante la forte ostilità delle comunità territoriali.

Cosa concludere quindi? Se veramente non si vuole rendere irrealistico l’obiettivo di innalzare dal 40% al 55% la riduzione entro il 2030 delle emissioni nette di gas climalteranti rispetto ai livelli del 1990 (proposto dalla Commissione Europea con il “2030 Climate target plan”, che ha avviato il percorso per realizzare quanto previsto al punto A.21 del programma Next Generation EU), e se non si vuol far divenire utopico l’auspicato incremento della quota della produzione rinnovabile a copertura dei consumi elettrici dall’attuale 55% a circa il 65% (raggiungibile con un contributo delle rinnovabili per il 70% dell’insieme produttivo totale), l’unica strada percorribile appare quella di non avere approcci ideologici o pregiudiziali nei confronti degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili. Certamente va evitata una loro proliferazione incontrollata, come probabilmente per un certo periodo si è registrata nel caso degli impianti eolici in alcune parti del territorio regionale, ma può essere altrettanto se non ancor più deleterio un atteggiamento ostativo dettato non da attente valutazioni caso per caso (previ i necessari strumenti di oculata pianificazione generale), bensì da precostituite considerazioni sfavorevoli o, ancor peggio, da ostruzionismi procedurali che nel disincentivare gli investimenti nel campo specifico, produrrebbero soltanto un rallentamento nella lotta ai cambiamenti climatici e distorsioni economiche e territoriali nel mercato energetico, a tutto svantaggio della comunità.

 

[1] principio espressamente disposto all’art.25 – comma 8, lett. c) – della L.R.n.15/2004

[2] art. 12, comma 3, d.lgs. n.387/2003

[3] art. 5, comma 9, d.m.19.02.2007

[4] comma 7 dello stesso articolo del d.m. 2007

[5] articolo s23 delle Norme Tecniche di Attuazione

[6] così C. Bevilacqua, La localizzazione in aree agricole degli impianti alimentati da fonti di energie rinnovabili: gli enti locali tra conformità urbanistica e destinazione d’uso, in “Amministrazione in cammino”, rivista elettronica di diritto pubblico, 24.09.2021, https://www.amministrazioneincammino.luiss.it/wp-content/uploads/2021/09/BEVILACQUA.pdf

[7] si tratta del decreto legge n.77/2021, convertito a luglio in legge n.108/2021, e del decreto legislativo n.199 dell’8 novembre 2021

[8] si legge infatti all’art.20, comma 7,d.lgs. 199/2021 “Le aree non incluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate non idonee all'installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, in sede di pianificazione territoriale ovvero nell'ambito di singoli procedimenti, in ragione della sola mancata inclusione nel novero delle aree idonee

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