Colletta, Trapani e i F.lli Mascolo agli albori dei cinema

Colletta, Trapani e i F.lli Mascolo:agli albori dei cinema in San Nicandro G.co 

 

Parte I^ - La nascita. Un tempo San Nicandro contava tre cinema - Italia, di Andrea Colletta, Trapani, F.lli Mascolo – e due Arene dove si assisteva agli spettacoli del cinema di giorno che anticipavano l’apertura al pomeriggio. I cinema aperti soltanto nella stagione estiva erano due: quello di Andrea Colletta, ubicato in fondo a Corso Garibaldi, all’altezza dell’attuale bar Gambero; il secondo (Trapani) posizionato dietro, ad un livello più basso del cinema, al quale si accedeva, da Pizz’ Vov’, scendendo le scalette adiacenti alla sala cinematografica. Il cinema è stato il più popolare movimento sannicandrese (Giuseppe Cristino). Gli spettacoli erano due, l’affluenza era smisurata ed i film dell’epoca alimentavano i sogni ad occhi aperti di un paese che nel dopoguerra ricominciava a vivere. Alle origini troviamo un locale di minuscole dimensioni, ubicato dove oggi è collocata la banca BPER, tra il palazzo del dott. Trombetta ed il Circolo Unione. Il locale era un vecchio mulino riadattato a sala cinematografica, nella quale si accedeva attraverso un portoncino. In ragione delle sue ridotte dimensioni, tale cinema era noto a tutti con il nome di “Pidocchietto”. All’epoca si proiettavano solo film muti, in bianco e nero. Il primo film sonoro fu “La piccola mamma”, molto commovente così come Catene, interpretato da Amedeo Nazzari. Catene fu il primo di una lunga serie di pellicole strappalacrime che appassionarono il pubblico italiano per tutta la prima metà degli anni ‘50, rivitalizzando così il genere del melodramma popolare. Considerati inizialmente come dei banali fotoromanzi cinematografici, tali film negli anni ’70 verranno rivalutati dalla critica la quale coniò appositamente il termine neorealismo d'appendice. Di questa serie ricordiamo Tormento, L’Angelo bianco, Malinconico autunno, Torna, ecc. Il Pidocchietto conteneva un centinaio di posti, con poltroncine di legno per gli adulti ed un paio di file di panche senza schienale riservate ai ragazzi i quali, la sera, si accalcavano tra i banchi per occupare lo spazio sufficiente a sedersi. Però, a furia di stringersi sgomitando, colui che sedeva al limite del banco si ritrovava ribaltato per terra, e gli toccava tornare di corsa all’altro capo del banco per cercare, a forza di spintoni, di rioccupare il posto che gli era stato usurpato. Cosicché si faceva la spola da un capo all’altro, fino a quando non ci si assestava (Antonio Solimando). Le panche erano disposte davanti, formando le prime due file, ed i ragazzi stavano seduti stretti per guardare i film di Tarzan, Zorro, Ursus, Sansone, I gladiatori, Quo vadis, Cleopatra ed i western americani quali Ombre rosse, Kocis, L’ultimo Apache, i Navajo, ecc. Dopo il Pidocchietto, Andrea Colletta, portando a compimento la rivoluzione che aveva iniziato qualche anno prima, nel 1949/50 costruì il Cine Teatro Italia. Oltre ai film, nel Cinema Italia si potevano ammirare spettacoli teatrali, come quelli recitati e cantati da Achille Togliani. Molto apprezzati erano anche gli spettacoli degli illusionisti e/o prestigiatori, dei quali il più famoso a quei tempi era Champernau. Riscuotevano grande successo anche le Riviste di Cabaret, stile Moulen Rouge. Non erano da meno gli spogliarelli, tra i quali uno dei più amati era quello della Pantera rosa che, a volte, si mimetizzava e compariva vestita tutta di nero. Ma solo per poco. Si racconta che un imprenditore di Apricena, nelle Riviste portava in scena un gruppetto di ballerine, belle oltre che disinibite, le quali arrivavano sul palco completamente nude. Apriti cielo. Nella parte superiore del cinema stazionava un gruppetto di pastori i quali facevano un baccano infernale e spesso, suonando anche i tradizionali campanacci, interrompevano lo spettacolo. Di ciò non c’è da meravigliarsi perché, all’epoca, nei teatri si viveva la stagione degli Avanspettacoli durante i quali, sul palco, addosso agli attori si catapultava di tutto: uova marce, frutta andata a male, ortaggi vari e pomodori a volontà. Un giorno, mentre una delle ballerine sul palco coccolava e provocava continuamente un attore, ma lui nella recita era recalcitrante, i pastori gli urlarono le peggiori offese che si possano rivolgere ad un uomo. La meno grave era “R’cchiò…, r’cchion ... r’cchiò”. Ad un certo punto l’attore, esausto, rivolgendosi ad uno dei pastori, disse: “Scendi qua, che faccio con te quello che non ho fatto con lei”. I Cabaret facevano impazzire il pubblico. Una sera, al cinema Mascolo, durante uno spettacolo, intanto che le danzatrici ballavano il Can Can, improvvisamente andò via la luce. Ci fu un tumulto, un boato incredibile. Il pubblico sfogò tutta la sua rabbia ma, in un momento di pausa una voce, rivolta alla maschera (che era anche operatore di proiezione), si alzò limpida nella sala silenziosa: “P’ppì, …. o dacc’ i sold n’d’ret’ ….. o …. scapula ssì iument”. Vero è che non passò neanche un minuto che P’ppin’ riuscì ad accendere le luci. Ma è altrettanto vero che l’invocazione a lui rivolta è rimasta nella storia. Gli spettacoli teatrali, in seguito alla messa in scena presso il Cine Teatro Italia, si replicavano nel cinema dei F.lli Mascolo. Nel cinema Trapani, invece, si proiettavano solo film. I predetti Varietà costituivano la parte minoritaria, meno qualitativa; la maggioranza degli spettacoli erano cinematografici, i quali attingevano al vasto patrimonio della letteratura italiana e mondiale, specificatamente a testi di grande successo. Sotto l’influsso della cultura americana, il cinema assunse via via un carattere popolare, rappresentando una fonte culturale accessibile a tutti. Si caratterizzò, pertanto, come formazione delle masse nel Novecento. A quei tempi si proiettavano storie collaudate in modo tale che i film svolgessero un ruolo tanto di intrattenimento quanto educativo. Durante gli anni ‘50 e agli inizi degli anni ‘60, spesso la corrente saltava e nelle sale di colpo si restava al buio. Questo motivo induceva le compagnie di ragazzi ad andare al cinema muniti di fanali che utilizzavano, appunto, nel momento in cui la luce si spegneva. Bellissimo! Nella sala era tutto un luccichìo di fanali accesi. Una sera si proiettava un film di corsari, I filibustieri delle Antille, e molti volevano assolutamente andarci ma, purtroppo, occorrevano i soldi per il biglietto d’ingresso. Qualche ragazzo tentava di entrare nella sala di sotterfugio, eludendo la sorveglianza ed insinuandosi tra le gambe della gente nei momenti di forte affluenza. Superare la barriera all’ingresso era impresa difficile. Chi ci provava veniva quasi sempre beccato dalla maschera, la quale correva ad acciuffarlo per un orecchio e trascinarlo di peso fuori dal locale. Poi vi erano ragazzi che, nel parapiglia di ogni fine film, sgomitavano per accaparrarsi un posto che vendevano agli spettatori del secondo spettacolo. Questo perché, un po’ per tutti, andare a cinema era un lusso. La popolazione era povera per cui, spesse volte, il desiderio di vedere un film restava insoddisfatto. Costava la bellezza di 15/20 lire (Mario Ruscitto). All’ingresso del cinema, nei primi periodi si faceva ressa al botteghino e, anzi, si aspettava fuori prima dell’apertura del locale. Quando si riusciva ad entrare, il locale era sempre affollato ed i corridoi erano talmente pieni di gente che bisognava trovare la giusta posizione per poter guardare lo schermo. I ragazzi, una volta entrati, si gustavano il film più volte; la prima visione in piedi, poi, si rivedeva lo stesso film seduti. Vi era anche chi, nei momenti di maggiore afflusso al botteghino si staccava personalmente il biglietto d’ingresso. Ma non solo la prima parte del biglietto, si staccava anche la matrice la quale, invece, doveva restare attaccata al blocchetto. In tal modo, presentando biglietto e matrice, poteva entrare nella sala anche un altro giorno. Gratis. 

                                                                               Francesco Sticozzi

 

 

 

 

 

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