Anatomia del Premio Strega

Anatomia del Premio Strega

Lo Strega è stato istituito a Roma nel 1947. La scrittrice Maria Bellonci ha ideato il Premio quando decise di dar vita ad un salotto letterario, gli Amici della domenica: agli incontri periodici partecipavano intellettuali come Morante, Moravia, Ungaretti e Gadda. Il finanziatore del progetto era Guido Alberti, proprietario del Liquore Strega che faceva parte del predetto circolo letterario. Nel corso degli anni si è rivelato un appuntamento importantissimo per la cultura italiana. Il Premio infatti è riuscito ad individuare alcuni capolavori che altrimenti avrebbero rischiato di non essere notati o dimenticati. Il primo scrittore a vincere, nel 1947, è stato Ennio Flaiano, con Tempo di uccidere. La prima donna a conseguire nel 1957 il prestigioso Premio fu Elsa Morante, grazie al suo capolavoro L’isola di Arturo. Nel 1959 sarà la volta di uno dei pilastri della nostra letteratura: il premio viene infatti assegnato postumo a Il Gattopardo, capolavoro di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Nel 1981 Umberto Eco trionfa con un'altra opera maestra della letteratura mondiale, Il nome della Rosa. Tradotto in oltre 45 lingue, con più di 60 milioni di copie vendute, è stato inserito da Le monde tra i 100 libri più influenti del XX secolo. Insomma, sin dalla sua prima edizione ha segnato la storia della nostra letteratura. Dando modo agli scrittori di emergere con le proprie eccellenti opere senza tempo. L’ultima edizione ha visto il trionfo di Donatella Di Pietrantonio con L’età fragile. Dopo la premiazione ha dichiarato che si è trattato di una vittoria per i diritti delle donne. La tematica sollevata da Di Pietrantonio evidenzia un problema di distribuzione di genere dei finalisti e dei vincitori che ha suscitato polemiche sulla difficoltà di affermazione delle scrittrici. Al 2024 hanno trionfato al Premio sessantacinque uomini mentre, hanno prevalso soltanto tredici donne: Elsa Morante, Natalia Ginzburg, Anna maria Ortese, Lalla Romano, Fausta Cialente, Maria Bellonci, Mariateresa Di Lascia, Dacia Maraini, Margaret Mazzantini, Melania Mazzucco, Helena Janeckzek, Ada D’Adamo, Donatella Di Pietrantonio. Ciò significa che nella sua storia di 78 anni, oltre a  dibattiti costruttivi il Premio ha dato luogo anche a critiche molto accese. Facendo piovere polemiche, la maggior parte perché si dice che i premi siano politici, più che meritati dagli scrittori partecipanti. Le contestazioni riguardano principalmente tre tipologie di argomenti: i vincitori sono tutti maschi; il ruolo degli editori ed, infine, l’impoverimento del romanzo italiano. Perché le donne vincono radicalmente meno rispetto agli uomini? In anni recenti diverse scrittrici hanno dibattuto sul prestigio letterario e l’esclusione delle donne dai luoghi in cui questo prestigio si costruisce, i festival e i premi. Difatti, incontrano nell’accesso ai vertici il così detto “soffitto di cristallo”, vengono pertanto frenate da resistenze culturali in virtù del loro essere donne, da barriere invisibili. Vero è che in settant’anni sono riuscite ad aprirsi uno spazio limitato e a farsi strada, ma non fino al vertice dove si spostano il prestigio e i soldi. L’industria culturale riflette una società ancora maschilista che propone e perpetua degli stereotipi di genere (stereotipo è un modello convenzionale, un’opinione semplicistica e generalizzata che si ripete meccanicamente). Con un’aggravante: è l’industria che producendo cultura alimenta quegli stessi stereotipi. Quando parliamo di meccanismi che hanno vantaggi economici e che generano ovvie resistenze al cambiamento in chi detiene il potere, la cultura non cambia. Quindi, se si crede che riconoscere il talento delle donne sia cruciale per affrontare il nostro futuro, allora i meccanismi di funzionamento vanno corretti. Permettendo così alle donne di essere riconosciute a pieno titolo come membri della comunità letteraria. Per quanto riguarda il ruolo degli editori, lo scrittore Roberto Saviano dopo i risultati del Premio Strega 2015 ha  rilevato che negli ultimi dieci anni  il trionfo era stato conteso tra due soli grandi gruppi: Mondadori e Rcs. A vincere sono solo i libri presentati dai citati gruppi. In definitiva, da quando Pasolini denunciò pubblicamente, l’immagine del Premio è un po’ macchiata dalla convinzione che i vincitori si sappiano già prima delle votazioni finali, e che organizzazione e case editrici abbiano uno strapotere tale da spostare i voti dei giurati. Comunque sia, tutto ciò non ha svilito il prestigio dello Strega anche se ci sono moltissimi libri e moltissimi autori di valore che il Premio continua a non intercettare. Cosicché, come ci sono grandi libri che ogni tanto trionfano,  tanti eccellenti autori –come Gadda, Fenoglio, Calvino e Pasolini stesso– non hanno vinto. Anzi, nel Premio non entrano nemmeno. Tuttavia, grazie alle modifiche regolamentari introdotte, il Premio ha cambiato regole e giurati, ha incrementato i votanti, ha aumentate le case editrici -incoraggiando la partecipazione degli editori indipendenti- e i romanzi coinvolti, ha aumentato il numero di incontri a cui i candidati devono partecipare promuovendo i loro libri in tutta Italia. Così lo Strega si è dato un’immagine più trasparente, più democratica, più aperta, perché ha aumentato la sua visibilità e attendibilità. L’impoverimento del romanzo italiano. Le analisi si snodano su due versanti. Nel primo, Giovanni Solimine, presidente della Fondazione Bellonci (che organizza ogni anno lo Strega), afferma che gli autori italiani sono acerbi, troppo ripiegati sul loro ombelico ed emuli dei modelli americani. Non c’è rispetto, curiosità e amore per la nostra tradizione letteraria. Anche se per il romanzo è difficile parlare di tradizione letteraria italiana. Infatti, Alberto Moravia, nel libro-intervista Vita di Moravia sosteneva che gli scrittori italiani hanno il loro classico in Manzoni, poi si rifanno agli autori stranieri perché diversamente da quello francese, il romanzo italiano manca proprio di una tradizione, di un filo conduttore. Nel secolo scorso ogni grande autore sembrava portare avanti un'idea sua di lingua, di Italia, di mondo, distaccata da quella degli altri. Se non c’è una tradizione letteraria italiana precisa a cui fare riferimento, rimane la voglia di misurarsi con il proprio tempo,  di tradurre i fermenti che attraversano la società in una prosa originale, in uno stile personale. Ma secondo Solimine manca anche questo. La critica sociale è stata soppiantata dagli schemi d'importazione anglosassoni; la lingua si è appiattita. Sarà vero, ma di chi è la responsabilità? Un po’ di tutti. Gli italiani che leggono poco e scrivono molto; gli aspiranti scrittori che sono lettori deboli; anche le case editrici che hanno standardizzato la lingua poiché, prima di inviare il libro in stampa, mediante un controllo –che cura la correttezza, la chiarezza e la coerenza stilistica e formale in modo spietato- e revisione del testo, hanno schiacciato ogni personalismo nel nome del mercato. Gli interessi commerciali testimoniano un peso crescente del mercato anche nella letteratura. Nel secondo versante si sostiene che ormai molti giovani scrittori scrivono per detto Premio poiché esso garantisce a chi vince una certa consacrazione. Ci sono autori che costruiscono i loro libri in funzione del Premio e case editrici che promuovono libri adatti a entrare in concorso. Dunque, nello sforzo di allineare prestigio culturale all’interno di un mercato del romanzo desacralizzato, lo Strega appare sincronizzato alle esigenze dell’attuale società dello spettacolo. Lo scrittore diventa un performer: conta il suo aspetto, la sua età, la sua capacità di stare sopra un palco. Insomma, oggi ci invade una pseudo letteratura in quanto i libri (che spesso non rappresentano l’unica attività dell’autore) raccontano fatti e personaggi storici romanzati e spesso tinti di rosa. Ciònonostante, resta il solo Premio letterario italiano capace di incidere sul destino dei libri in finale, accrescendone significativamente la reputazione e le vendite. Più lo Strega accresce la sua visibilità mediatica, più diminuisce il suo premio in denaro. Nel dopoguerra assegnava una cifra rispettabile. Adesso è simbolica: cinquemila euro. Nondimeno, la competizione offre oggi benefici di altro tipo. I premi letterari, in origine, dovevano dare una certa autonomia economica, per allontanarli dalla industria culturale; oggi succede il contrario, i premi avvicinano all’industria culturale. Perché chi vince ottiene, oltre ai cinquemila euro, due cose: un blasone  ed un indotto. Il blasone consiste nell’essere considerato, comunicato e quindi venduto come uno scrittore vero: il che è decisivo in una fase in cui i sedicenti scrittori aumentano sempre di più. Nel vecchio Novecento gli autori erano pochi, quelli stimati pochissimi; varcata la soglia del millennio, siamo diventati tutti scrittori: perché si pubblicano molti più romanzi, perché è molto più facile pubblicarli. Eppure, se tutti sono scrittori, il rischio è che nessuno lo sia più davvero. Come si fa, allora, a stabilire chi è veramente uno scrittore? Per quanto attiene all’indotto, se vinci moltiplichi per cinque le copie che il tuo libro vendeva prima del Premio: la popolarità fa sì che i tuoi libri precedenti vengano ripubblicati e magari tradotti. Ti invitano nelle scuole di scrittura, nei festival, nei saloni, vai nei gruppi di lettura, ti fanno il podcast, la serie, il film: tutte cose che ai tempi di Pavese o di Morante non c’erano. Perché stringi stringi alla fine é l’opera che conta. Lo Strega, quindi, salvo rarissime eccezioni deve fare i conti con il presente, diffiilmente resiste al tempo. E’ intriso di attualità. Da qui la riflessione sul futuro della letteratura e sul ruolo dello scrittore nella società dei consumi e di come gli scrittori immaginano il loro romanzo di successo. Se la letteratura del novecento era una letteratura dove lo spazio interiore dell’uomo aveva una sua predominanza, oggi una “terapia della cultura” appare poco praticata. Purtroppo, la stessa critica letteraria è stata quasi del tutto azzerata e le recensioni dei libri vengono frequentemente scritte da giornalisti di costume o da tuttologi. Spesso il dibattito letterario, si vocifera, si perde nel chiacchiericcio, nelle supposizioni vaghe. Per queste ragioni, fatte alcune eccezioni, i romanzi selezionati allo Strega vengono ironicamente definiti "nobile intrattenimento". Circola questa impressione che ormai la letteratura italiana, forse, abbia poco da offrire. Che sia il sistema a deciderla, a costruire le classifiche, a determinare i premi. Per fortuna, però, esistono autori, come Gianluigi Simonetti, che nel suo saggio Caccia allo Strega smonta alcuni luoghi comuni, osservando come il più importante premio letterario italiano, giunto alla sua 78esima edizione, sia un evento imprescindibile per comprendere la trasformazione letteraria e culturale del nostro Paese.    

                                                                       Francesco Sticozzi                             

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