Cari lettori,
è un piacere interloquire con voi. Tutti noi siamo stati bambini, adolescenti, studenti. Tutti noi, chi più e chi meno, si è impegnato a scuola, ottenendo ottimi voti o pessimi risultati. Ognuno di noi ha indossato, dal primo all’ultimo giorno di scuola, il grembiulino e la cartellina o lo zainetto contenente i libri o i quadernoni. Oggi, cari lettori, voglio parlarvi di Carlo Collodi. Carlo Collodi nacque nel 1826 a Firenze, in via Taddea, e morì il 26 ottobre del 1890 nella città citata, in precedenza. Egli studiò in seminario a Colle di Val d’Elsa, non prendendo mai i voti sacerdotali. Il Collodi ha combattuto sia la Prima che la Seconda Guerra D’Indipendenza. Il 7 luglio del 1881 sul periodico intitolato “Giornale per i Bambini”, venne pubblicata la prima puntata delle “Avventure di Pinocchio”. Questo grande capolavoro della letteratura italiana è rimasto nella nostra cultura popolare. Chi non ricorda la versione cinematografica interpretata da Roberto Benigni? Quante donne, uomini, giovani e meno giovani, sono cresciuti con la magistrale interpretazione di Nino Manfredi nel ruolo di Geppetto e di Gina Lollobrigida nei panni della Fatina? Pinocchio, il burattino, lo ricordiamo come un bambino discolo; sempre pronto a divertirsi e a marinare la scuola. C’è un dato più profondo da analizzare, secondo il mio personale parere. Questo grande “masterpiece”, come avrebbero detto gli inglesi, denota un messaggio culturale più ampio. Il 1861 fu l’anno dell’Unificazione d’Italia, a tutti gli effetti. In questo periodo di ricostruzione sociale e non solo, si avvertiva da parte dello Stato il bisogno di un’alfabetizzazione diffusa della gente e anche di una formazione nazionale dell’individuo. La favola di Pinocchio e il romanzo “Cuore” di Edmondo de Amicis hanno fatto in modo che gli italiani si avvicinassero di più alle loro tradizioni e all’obbedienza nei confronti dello Stato. Credo, vivamente, che la letteratura possieda un fascino nascosto. Tutti i grandi poeti, letterati, scrittori attraverso i propri scritti hanno, sempre, veicolato un personale messaggio culturale.
Con affetto.
Giuseppe Scanzano.