Una delle più gravi tragedie minerarie della storia si verificò l’8 agosto 1956, nella miniera di carbone di Bois du Cazier (appena fuori la cittadina belga di Marcinelle), alle 8 e 30 del mattino. L'origine dell'incendio è imputabile a un malinteso tra gli addetti a sospingere i carrelli e i manovratori in superficie. L'addetto ai carrelli infatti comunicò un comando errato: fòrse si espresse male perché conosceva pochissimo il francese. L'ascensore venne fatto risalire velocemente e nel viaggio urtò una trave metallica che a sua volta danneggiò una tubatura carica di olio, e i cavi elettrici di una ventola. Le scintille causate dall'attrito infiammarono la miscela, e l'incendio, spinto dalla corrente di ricircolo dell'aria, si propagò nelle gallerie bruciando tutte le strutture in legno,
mentre sotto, a 1.035 metri sottoterra, i minatori venivano soffocati dal fumo. 262 minatori morirono, per le ustioni, il fumo e i gas tossici. 136 erano italiani. Solo sette operai riuscirono a risalire. In totale si salvarono in 12.
Il 22 agosto, dopo due settimane di ricerche, mentre una fumata nera e acre continuava a uscire dal pozzo sinistrato, uno dei soccorritori che tornava dalle viscere della miniera non poté che lanciare un grido di orrore: «Tutti cadaveri!». Ci furono due processi, che portarono nel 1964 alla condanna di un ingegnere (a 6 mesi con la condizionale). In ricordo della tragedia, oggi la miniera Bois du Cazier è patrimonio Unesco.
La tragedia della miniera di carbone di Marcinelle è soprattutto una tragedia degli italiani immigrati in Belgio nel dopoguerra. Tra il 1946 e il 1956 più di 140 mila italiani varcarono le Alpi per andare a lavorare nelle miniere di carbone della Vallonia, sottoposti a estenuanti turni di lavoro e maltrattati, perché non erano esperti. Era il prezzo di un accordo tra Italia e Belgio che prevedeva un gigantesco baratto: l’Italia doveva inviare in Belgio 2mila uomini a settimana e, in cambio dell’afflusso di braccia, Bruxelles si impegnava a fornire a Roma 200 chilogrammi di carbone al giorno per ogni minatore, ma con prezzi elevati per le condizioni del nostro Paese che, a quell’epoca, aveva 2 milioni di disoccupati e grandi zone ridotte in miseria. Nella parte francofona del Belgio, invece, la mancanza di manodopera nelle miniere di carbone frenava la produzione. Così si arrivò al durissimo accordo italo-belga, sottoscritto da De Gasperi, il quale insisteva particolarmente affinché gli italiani imparassero le lingue straniere per trovare più facilmente un lavoro all’Estero.
L’UOMO-CARBONE MICHELE DI MAURO ( ROMANZO) SENSOINVERSOEDIZIONI. RAVENNA,2013
Ispirato alla tragedia di Marcinelle, L'Uomo-Carbone ci proietta sotto terra, insieme a persone che hanno versato sudore e sangue per inseguire i propri sogni, scoprendosi poi come topi in gabbia, senza vie d'uscita e in condizioni disumane. Nel cuore delle miniere però, mentre il corpo lavora in situazioni igienico-sanitarie e di sicurezza a dir poco precarie, la forza di volontà e la mente alimentano forti desideri, speranze e fanno dare il meglio di sé. Antonio e Sandro, due fratelli originari di un paesino dell'Abruzzo, dopo un tragico incidente in cui il padre ha perso vita, acquisiscono, a titolo risarcitorio, il diritto di andare a lavorare in Belgio. Mentre Antonio è entusiasta di questa opportunità, Sandro, diverso dal fratello per carattere e inclinazioni, sognatore e da sempre amante dei libri, vive invece tale situazione con rabbia, considerandola un bieco baratto che vede come oggetto gli italiani e il carbone. Una volta in Belgio, nella miniera in cui sono destinati, conoscono molti connazionali, discutono di sogni e aspettative, ma si scontrano anche con le reali condizioni lavorative, con le clausole del contratto, con la diffidenza da parte dei cittadini belgi.
Il libro “L’Uomo-Carbone” di Michele di Mauro, medico, autore ed attore teatrale, è vincitore del “Premio Pavese” A.M.S.I. nel 2014, perché giudicato molto coinvolgente, realistico, interessante, con un tessuto narrativo chiaro ed articolato; soprattutto è un romanzo che vuole puntare i riflettori su una storia drammatica che molti neanche ricorderanno, anche se quest’anno ricorre il 60° anniversario dal drammatico incidente.
A cura di Leo Caputo