Una sera, Santa Lucia, passando dalla piana di Carpino avvertì un profumo delicato proveniente da un camino.
All'interno c’era una sposina impaurita, perché un suo vitello si era smarrito,
venne dalla Santa assicurata che il marito lo aveva ritrovato grazie al chiarore delle stelle e che lo stava riconducendo nella stalla.
Il contadino ritrovò l'animale nel campo delle fave appena nate, mentre sdraiato ruminava le piante recentemente spuntate.
La contadinella rasserenata Le offrì la pietanza appena cucinata. Piatto che in seguito fu chiamata “fava rummunnata” dalla leggenda appena raccontata, (fave e brodetto, condite con sale, olio e semi di finocchietto).
Così la pietanza divenne tradizione e si consumava per cena e colazione.
Il perché il nostro legume risulta eccellente il motivo è il seguente:
Sotto la piana del Gargano vi è un pantano, il vapore delle sue acque incontra l'aria salmastra proveniente dal mare, facendo da concime naturale al terreno argilloso è così che la fava è dolce e più gustosa.
Questi processi chimici e naturali rendono la fava ricca di sali minerali e di sostanze antiossidanti, anche abbrustolita la mangiavano i viandanti.
Oltre ad essere un alimento nutriente, leggero, digestivo è adatto alla terapia antidepressiva.
Anch'io il 13 Dicembre mangio sempre le fave lesse nostrane messe in ammollo la sera prima nelle acque piovane.
Ho cura di eliminare l'estremità di nero segnato, pare fosse un pezzo di codino del dannato.
Tra magre verità, credenze popolari e magiche leggende, io a Santa Lucia sono riconoscente e, lo confermo di sicuro, ha illuminato il mio futuro.