Teresa Lallo, nell’ambito della stagione teatrale 2014, si è esibita, venerdì scorso, 17 gennaio, al Teatro “Giannone” di San Marco in Lamis con lo spettacolo “La mia amica”, di cui è anche l’autrice.
Teresa è una donna normale che è diventata un’artista molto speciale. Nata a San Nicandro Garganico (FG), ragazza esuberante e piena di tanta buona volontà ed iniziativa, di coraggio e fiducia nelle sue capacità artistiche, è andata a vivere a Roma, allo scopo di realizzare il suo proposito di affermarsi nel difficile ambiente dello spettacolo; intanto, ha continuato a tenere un contatto costante con la sua terra d’origine.
Cabarettista e comica di razza, con una preferenza particolare per i monologhi, Teresa Lallo è tutta in quei suoi capelli rossi, in quelle sue labbra carnose, in quei profondi occhi verdi che sanno sprizzare fulmini e saette, in quelle sue curve dolci, femminili, materne, rotondità “classiche” capaci tanto di ammaliare quanto di soffocare.
La vita, gli uomini, i sogni realizzati e quelli infranti le hanno dato un senso dell’umorismo unico, nel quale l’universo femminile e quello maschile inevitabilmente cozzano producendo scintille comiche gustose ed originali. Teresa Lallo è molto donna ma non si identifica né nello stereotipo della bella-stupida, né in quello della brutta-inviperita: non ha l’espressione drammatica di Anna Magnani, è una donna normale, capace di farsi amare e odiare nello stesso tempo, per quello che rappresenta realmente della vita e delle sue sfaccettature, quelle buone e quelle meno buone.
Teresa Lallo cattura lo spettatore con la passionalità carnale da donna mediterranea, ma anche con la precisione “svizzera” nel trovare il lato oscuro in ognuno di noi, nell’infilarsi nelle pieghe dell’esistenza per tirarne fuori l’aspetto comico. E’ un personaggio singolare, capace di trasformarsi, grazie alla sua innata bravura artistica, in tutte le donne che facilmente possono identificarsi in lei, nel suo umorismo viscerale, nei suoi contorcimenti affettivi, nelle sue illusioni-delusioni sublimate in frecciate folgoranti.
Tigre, la chiamano gli amici. Ti ipnotizza, prima di mangiarti. Una passata di mano tra i capelli e arriva la chiosa finale: quattro parole, rapide come colpi di zanna - nel suo dialetto d’origine, il sannicandrese - e per la povera vittima, chiunque essa sia, è finita! Il suo spettacolo è un monologo esilarante sulla bizzaria dei rapporti di coppia uomo/ donna. La sua verve si esercita sui finti romanticismi del corteggiamento, sulla nuova immagine della donna, aggressiva e dominatrice che ci viene propinata dalle riviste femminili, sui pensieri più nascosti delle donne in materia di sesso, sulla sindrome della suocera invadente, una comica sull’illusione dell’amore virtuale.
A questa comica di razza, auguri fervidi e cordiali di raccogliere sempre i più grandi e meritati successi, sia sul palcoscenico artistico che su quello della vita.