Quando, ormai molti anni, fa la Provincia dette vita alla rivista d’informazione Capitanata (non quella pubblicata dalla Biblioteca, ma un bimestrale più agile e snello, dai contenuti più spiccatamente informativi, che veniva curato dall’Ufficio Stampa e diretto che chi scrive) e decidemmo di dedicare in ciascun numero un reportage ai Comuni più significativi delle risorse e delle potenzialità del territorio dell’intera Capitanata, non ebbi dubbi: cominciai il mio viaggio alla scoperta della Capitanata migliore da San Nicandro Garganico.
San Nicandro ha tutto ciò che potrebbe essere un prezioso propellente per lo sviluppo: una storia remota, che si dibatte tra la tradizione pastorizia e pastorale e sorprendenti vocazioni d’artigianato d’arte, come i fiori secchi; una tradizione letteraria, poetica e multiculturale di raro spessore, impreziosita dalla presenza di una antica presenza ebrea; un territorio quanto mai vario, tra collina e mare, il gioiello naturalistica di Torre Mileto con i suoi olivastri. E poi, è il ponte naturale tra la Puglia e l’arcipelago delle Tremiti.
Nel corso degli anni ho partecipato a tante, proprio tante manifestazioni culturali a San Nicandro (che, per la verità, negli ultimi tempi si sono diradate).
Tutto questo per dire che, nel bene e nel male, San Nicandro è un luogo profondamente rappresentativo dell’intera Capitanata. Più nel male che nel bene, però: almeno nel caso di quanto sta accadendo a Monte D'Elio. In realtà, anche in questa triste vicenda, si ripete una storia che già tante volte abbiamo visto e vissuto. Finanziamenti ingenti che vengono destinati a recuperare pezzi importanti del patrimonio culturale ed archeologico, ma che vengono poi vanificati da politiche di gestione approssimative, inefficaci.
Ricapitolo la storia per quanti avessero perso le puntate precedenti (che trovate comunque cliccando qui). Il parco archeologico ambientale è stato praticamente distrutto dai vandali. La Chiesa di Santa Maria, autentico gioiello del romanico pugliese, è stata sottratta alla fruizione turistica, mentre sono a rischio i preziosissimi affreschi bizantini (che potete ammirare cliccando qui…) a causa dell’accumulo di salnitro e dell'assenza di un'organica politica di salvaguardia e tutela.
Ma come siamo arrivati a questo punto? È una storia da raccontare, e da imparare, perché anch’essa rappresentativa di un certo modo di intendere le politiche culturali dalle nostre parti.
La storia parte da lontanissimo, e precisamente dall’inizio del nuovo millennio. Tra il 2000 e il 2001 venne varato un grande progetto di valorizzazione del sito di Devia. Forse con un limite: si investì molto sul parco attrezzato, con le sue staccionate e casette per mercati stagionali (quelle ora demolite dalla furia dei vandali), ma poco sull’aspetto scientifico e sugli scavi.
La soprintendenza riportò alla luce qualche bel pezzo (che oggi non si sa neanche dove sia) e materiali per articoli e saggi specialistici. È un limite frequente di progetti di questo tipo si pensa troppo ai cosiddetti servizi aggiuntivi e a possibili ricadute eno-gastronomiche, e troppo poco alla stanza culturale,l quella che dovrebbe servire a recuperare identità, consapevolezza e rispetto del passato (e a produrre anticorpi rispetti ai vandali….).
Nel frattempo la chiesa (di proprietà della Curia di San Severo, ma gestita dalla Parrocchia del Carmine di San Nicandro) veniva aperta stagionalmente a orari calendarizzati o su richiesta dai volontari di Legambiente che hanno svolto una funzione preziosa per animare turisticamente e culturalmente il sito.
La guardiania era affidata ad una cooperativa che poi ebbe problemi con il Comune: il contratto sarebbe stato sciolto da diversi anni, ma non si sa bene se e chi svolga attualmente il servizio.
Nel 2009 fu completato un progetto dall’importo di un milione di euro, che prevedeva l’esproprio di terreni circostanti e fabbricati (quelli dall'altra parte della strada), nei quali doveva aprire un centro visite del Parco del Gargano. Ma pur completato il progetto, il Centro non è decollato, e non è arrisa miglior sorte alla parte del che prevedeva l’illuminazione, andato ormai quasi del tutto perduto. Uno dei due gruppi elettrogeni li destinati (non c'è corrente), sembra venga usato dal Comune per altre finalità pubbliche.
Le fragili politiche di valorizzazione culturale e turistica del sito hanno funzionato finché i volontari di Legambiente hanno potuto svolgere la loro mission. Ma due anni fa, i volontari hanno litigato con la parrocchia che li accusava di "ingerenze”. In realtà sembra che i contrasti riguardassero gli interventi di manutenzione effettuati dai responsabili parrocchiali: il campanile ricostruito in modo discutibile, dopo essere stato colpito da un fulmine, alcuni interventi interni con apposizione di chiodi, rimaneggiamenti ad una colonna, l'installazione di un séparé sul presbiterio, e così via dicendo.
Con la scusa di lavori da eseguire per la messa in sicurezza del campanile, nuovamente colpito da un fulmine due anni fa, ai volontari vennero ritirate le chiavi e mai più riconsegnate.
Nel frattempo, ed è questo l’autentico dramma, gli affreschi sono ormai coperti da salnitro in modo che gli esperti che li hanno visti, giudicano preoccupante: bisogna fare qualcosa.
La chiesa va salvata, oltre che dall'incompetenza e da mani che potrebbero danneggiarla ulteriormente, dagli agenti del tempo.
Gianclaudio Petrucci è l’autore di uno dei più completi, forse il più completo, libro sulla chiesa di Devia (Gli affreschi della Chiesa di S.Maria di Devia, Edizioni Il Rosone). Anche lui è stato un volontario di Legambiente. E si sta tenacemente battendo per scongiurare il peggio. Un certo tempo fa, ha inviato una segnalazione sullo stato dei luoghi e della chiesa molto dettagliata, alla soprintendenza di Foggia, alla Curia di San Severo, al Comune ed altri.
Disinteresse totale e nessuna risposta, tranne una che potrebbe essere però decisiva: il card. Gianfranco Ravasi in persona, prefetto del Pontificio Consiglio per la Cultura, il quale si è impegnato a verificare il tutto, compresa la proprietà effettiva della chiesa. Il cardinale non ha ancora concluso la verifica, ma per salvare Santa Maria e i suoi preziosi affreschi, è diventato una sorta di ultima spiaggia.
A seguito delle denunce e delle polemiche di questi giorni, si sta muovendo anche l’Archeoclub, che ha promesso un intervento nelle prossime settimane.
Tra polemiche ed allarmi, qualcosa si muove.
E sarebbe bello se proprio da Devia partisse il rinascimento culturale e civile della Capitanata. Dopo tutto, Sannicandro non ne è forse un simbolo dello sviluppo inceppato della provincia di Foggia? Coraggio, gente di Sannicandro, fate in modo che diventi un simbolo in positivo.