L'antica chiesetta di S. Giuseppe, posta sull'ominima collina a sud di San Nicandro Garganico è in grave pericolo e urge fare qualcosa. E' di ieri la notizia - proprio nella festa di S. Giuseppe - che l'altarino tardo-seicentesco in barocco povero è stato demolito.
Dopo gli episodi di atti vandalici perpetrati da ignoti nei mesi e negli anni scorsi, ieri è comparso un video sulla pagina facebook di Michele Ciavarella, la persona che, a seguito di una sentenza del Tribunale di Rodi Garganico, nel 2006 è stata riconosciuta come possessore del complesso immobiliare e che, pertanto, dovrebbe occuparsi della sua custodia. Nel video, Ciavarella è intento a raccogliere con una pala cumuli di macerie all'interno della chiesetta. L'autore del video, presente sul posto con altri giovani, gli domanda cosa sia successo: "Qua? E behhh... so' venuti un po' qualcuno e... ha rotto un po' tutto", risponde l'uomo, che continua con tono tutt'altro che meravigliato, scosso o dispiaciuto per il gravissimo accaduto: "Uì qua c'era un altarino, l'ha rotto e è successo questo fatto qui. Ma non fa niente - minimizza Ciavarella - capì?! La gente siamo tutti bravi a San Nicandro, altri un po' meno bravi, altri più bravi, altri bravissimi (alza il tono della voce), però - aggiunge sorridendo - siamo tutti nella libertà, non fa niente, hanno rotto e noi aggiusteremo" conclude con gioiosa risata.
In uno dei soliti video self, girato poi nella stessa serata di ieri, Ciavarella dichiara: "Dei giovani oggi mi sono venuti a trovare e hanno fatto un video. La gente del paese chiede che vuol sapere di più. Vuol sapere tutto. Vuol sapere, i miei compaesani, cosa accade all'eremo (alla chiesetta, ndr), da un bel po' di tempo, non è una cosa di oggi". Quindi mostra delle foto e aggiunge: "questo è l'eremo, quando lo aggiusto lo tengo così. Forse a qualcuno non piace, e allora vengono e distruggono tutto". Quindi mostra una serie fotografica di vari atti vandalici che, a suo dire, vengono compiuti lì contro la sua persona, con scritte minacciose sulle porte.
"Qualcuno ha detto che sono i caprai, i pecorai, i vaccari: no! Quelli sono gente seria, serissima - dice, e poi aggiunge, riferendosi ai presunti vandali: "a questa gente una sola richiesta semplice è quella di lasciarmi in pace". Poi ritorna ad accennare agli anni in cui trovò "tutto abbandonato, non fosse stato per me - dice - a quest'ora non ci sarebbero più nemmeno le mura". Quindi ritorna sul suo status di perseguitato, parlando di "guappi" che gli intimerebbero di continuo di andarsene con toni minacciosi. "Questa gente li conosco: sono stati male informati, male istigati. Io sto li sopra nella legalità. Ci sono state delle sentenze e dei giudici che hanno decretato che io ci posso stare e gli altri no."
Il riferimento è alla sentenza del 2006, all'esito di un contenzioso causato da uno scorretto intervento del sindaco e del parroco dell'epoca (era il 2000), che valse un processo da cui Ciavarella uscì vincitore: il tribunale accolse il ricorso possessorio, disponendo la reintegrazione di Ciavarella nel possesso degli immobili, per averli puliti e ristrutturati e per avervi anche abitato per un periodo. Tuttavia la sentenza recita anche che, in riferimento alla cappella di S. Giuseppe (quindi la sola chiesetta, escluse le case attigue), il possesso deve esercitarsi "nel rispetto della sua destinazione d'uso, come specificato in motivazione" e cioè "va peraltro ripristinata la situazione che esisteva precedentemente allo spoglio subito, compresa la destinazione d'uso della cappella a luogo sacro della religione cattolica e chiesetta nella particolare solennità di S. Giuseppe".
In definitiva, il giudice ridava il possesso del complesso al Ciavarella, ma raccomandava a questi di garantire l'esercizio del culto cattolico. Tuttavia, dopo la sentenza del 2006, dapprima sparì nel mistero la statua del santo. Successivamente il Ciavarella ha sempre utilizzato, come è noto a tutti, la chiesa per l'esercizio del culto riferito al movimento spirituale personale, allestendovi tabelloni e figure che nulla hanno a che vedere con il culto di S. Giuseppe. Anzi, il luogo viene definito in più occasioni "chiesa del perdono infinito" dal Ciavarella, che nega l'originaria destinazione e denominazione del luogo (sulla storia del quale abbiamo scritto QUI).
Di fatto, qualsiasi tentativo di continuare ad esercitare il culto del santo, almeno il 19 marzo di ogni anno, da parte del parroco, è stato energicamente respinto dal Ciavarella, al punto che anche la chiesa locale se n'è disinteressata. O, almeno, non ha mai fatto valere le sue ragioni, forse sperando (invano, evidentemente) in un ravvedimento spontaneo del possessore.
Il video di ieri è presto diventato virale sui social, scatenando commenti di sdegno. Intanto sulla situazione, su cui vi era già stata una nota di allarme su queste pagine alcuni mesi fa, sono stati fatti tre esposti alla Soprintendenza di Foggia (sebbene non vincolato, il bene ha un certo valore storico-artistico e culturale), con l'interessamento del Nucleo Tutela del Patrimonio Artistico dei Carabinieri. Di recente, è stata acquisita anche una deposizione anche dalla locale caserma dei Carabinieri. Ma, al momento, nulla sembra muoversi. E nelle lentezze della burocrazia, sappiamo che in Italia ignoti possono tranquillamente demolire un luogo di culto, storicamente e culturalmente importante per la comunità locale, in attesa di un risultato che arriverà già ora troppo tardi.
Un film già visto, con una perdita ben più tragica e importante, quella della nota Masseria Moja, un gioiello locale di arte neoclassica demolito per oltre la metà molti anni fa da ignoti (anche se vi sono sospetti ma senza prove) nel giro di qualche notte. Per S. Giuseppe, basterebbe qualche telecamera, con poca spesa, per capire chi realmente ha interesse a spogliare definitivamente quella chiesetta dagli utlimi segni religiosi rimasti.