Un tempo inclemente quest'anno, con neve e pioggia, ha dominato la scena del carnevale sannicandrese. Per le vie, anche quelle centrali, un mortorio... Rare le pur belle maschere vaganti, a passo diciamo d'uomo, ammirabili. Complimenti ai pochi più coraggiosi.
Non ho visto, forse anche per colpa mia che sono uscito poco, lo spirito del carnevale sannicandrese, la partecipazione spontanea e quasi estemporanea; non ho visto nemmeno i "concertini" se si esclude il concertone organizzato da Peppino Ritoli e il suo staff che però al posto degli strumenti aveva reboanti altoparlanti che sparavano musiche per danze di gruppo.
La gente c'è mm'nàta dìnd... a i màch'n e così, da pochi posti privilegiati, lungo Via Gramsci, ha intasato il traffico, ma si è goduta, assieme alla gente affacciata ai balconi e a rari pedoni, la sfilata dei carri. Importanti le partecipazioni in costumi vari, anche piuttosto belli, di numerosi giovani trascinati a danzare da stordenti musiche da discoteca. Che peccato.
Suggeriamo alle solerti associazioni carnevalesche di curare maggiormente la voglia di partecipazione della gente - non solo dei giovani - portandola a vivere il carnevale anche nelle zone centrali del paese, e non mi redarguite se non dico città. Ma la chicca del carnevale sannicandrese l'ha firmata la Parrocchia di Santa Maria del Borgo.
Complice una fastidiosa, insistente pioggia neppure i caratteristici, pastorecci scampanatori di campanacci hanno potuto cimentarsi nei percorsi viari più importanti di San Nicandro. C'è stato solo qualche accenno in prima serata. Ma, mentre impazzava nelle case il Festivalone di Sanremo, un din don a distesa è esploso dalla torre campanaria della Chiesa Madre. "Din don, din don, din don..." E che sarà mai, mi sono chiesto mentre tentavo di rimettere l'auto nel box.
Era mezzanotte spaccata. Incuriosito ho disturbato mia moglia, distogliendola dalle mirabilie della Littizzetto e compagnia bella. Lei non ne sapeva nulla. Soprattutto preoccupato, mi sono precipitato verso la chiesa. Sapete, la funzione dello scampanio a distesa, di notte, è stato utilizzato da sempre come segnale d'allarme, fin dal Medio Evo. Ma oggi possiamo immagnare, noi moderni che magari possa trattarsi anche di un annuncio lieto... Mah!
In due minuti ero nell'illuminatissimo Largo Chiesa Madre e il campanone, ormai chetato, s'apprestava a fermare del tutto il suo dondolìo. Nessuno in giro; non un balcone che aprisse qualche uscio. Mentre mi chiedevo se fosse impazzito il sistema di programmazione elettronica delle campane comparve miracolosamente da un uscio di Via Campanile un bel giovanotto; immaginavo, pure lui preoccupato dell'avvenuta sonata. No, era serenissimo. Usciva pure lui magari anche per rimettere l'automobile in garage.
Non mi vergognai di chiedere cosa fosse stata quella sonata che lui certamente aveva udito se era giunta fino a me nel Boschetto. E lui, candidamente, "Ah, già, finalmente quest'anno se ne sono ricordati e hanno chiuso il carnevale come si faceva una volta..." Io allibito ascoltavo senza fiatare. Avevo certamente trovato uno che la sapeva lunga.
"Sai, anticamente, nel Milleottocento..." E mi ha snocciolato i risultati di alcune sue ricerche sulla "Treccani" e altrove, circa la tradiziione ecclesiale di chiudere il carnevale proprio alla mezzanotte prima del giorno delle Ceneri, mediante una scampanata a distesa.
Da questo e da altre tradizioni pagane - concludeva - deriva la più popolare chiusura del carnevale mediante il giro serale dei gruppi, soprattutto giovanili, che agitano forsennatamente i campanacci degli armenti. P'rcjò - ho pensato, e ne scrivo se non è offensivo per gli anziani - la vécchja nn vvuléva murì ma'!...