Ogni anno, con la stessa puntualità in cui cade la ricorrenza, si torna a parlare di Halloween, tra le critiche aspre degli storici della tradizione più integralisti e le smanie ansiose di chi non vede l'ora di buttarsi negli unici "festeggiamenti" che rompono le noiose serate autunnali. Eppure i più se ne stanno in una sorta di "limbo" mediatico, non sapendo se sia opportuno accelerare il passo ad ua ennesima "americanizzazione" ovvero osteggiare la festa dei mostriciattoli.
Halloween, tanto per cominciare, ha etimologia cristiana: "All Hallows Even", "la notte prima di Ognissanti". Sulle origini pagane di questa ricorrenza si sono scritti fiumi di roba, convergendo quasi tutti verso la cultura Celtica, dove in quella notte si ricordava l'ingresso della stagione autunno-invernale, connessa dunque alla morte della natura che, nelle credenze misteriche, vedeva la sua origine nell'azione che gli spiriti del male (che poi col tempo divennero fantasmi, streghe, mostri, etc.) esercitavano sulla terra in quella stagione (nell'antichità, la lotta eterna tra il bene e il male assume un ruolo centrale, alternando persino le vicende umane). L'usanza, così come gran parte della cultura celtica, si diffuse presto un po' in tutto il mondo, facendo particolare presa - com'è ovvio che fosse - nelle zone di colonizzazione anglosassone (America del Nord in particolare).
Tornando al mondo antico, una correlazione evidente è quella tra la "discesa" degli spiriti celtici e la "visita", fino al giorno dell'Epifania cattolica (6 gennaio), delle anime dei defunti presso i luoghi dei loro affetti in terra, credenza diffusa in gran parte del Sud Italia, al punto che a San Nicandro Garganico, le anime dei parenti assumono il compito di canéfori, portatori di doni, soprattutto ai più piccoli: leccornie (a seconda delle epoche e dell'estrazione sociale, si varia dai frutti secchi o canditi ai dolciumi delle migliori marche) adagiate con sapiente geometria in una calza di stoffa semplice, confezionata all'uopo, poi abbellita nel tempo con galloni e merletti. Quelle odierne, invece, non le credo degne di menzione, tanto sono kitsch nel rimescolare nell'onta consumista, defunti, fantasmi, e persino befane. E' chiaro e verosimile anche qui che il cristianesimo abbia "corretto" l'usanza pagana riproponendola in chiave cristiana e conferendole una veste benevola e positiva.
Dicevamo dei mostriciattoli. L'evoluzione - o piuttosto involuzione - della festa pagana portò a risvolti dal sapore carnascialesco: ancora oggi in America - con propaggini consumistiche in tutto il mondo ormai "americanizzato" - i bambini si travestono da spiriti maligni, girando per le case con il loro "Trick or treat" (dolcetto o scherzetto). Anche qui il sincretismo tra paganesimo e cristianesimo è evidente. Nel Medioevo la sera di Ognissanti i mendicanti e la gente povera giravano a far di elemosina per le case, promettendo in cambio preghiere di suffragio per i defunti e, cioè, promuovendo, in altri termini, il riscatto delle loro anime dal peccato e dalla morte eterna: di qui l'espressione "damm' l'an'ma 'i mòrt'", cioè quel contributo al questuante finiva per identificare la "sopravvivenza" dell'anima dei defunti e, quindi, l'anima dei defunti stessa. Il tutto accompagnato dal "treat", lo "scherzetto" o meglio la "sofferenza", quel "t' sfàsc'' la porta" che sa di minaccia vera e propria, tuttavia in un clima di gioconda e salace burla.
Veniamo a noi. Nella società odierna - che mi piace confrontare sempre con l'età imperiale di Petronio - il gusto dell'orrido la fa da padrone. Nella vena consumistica ormai esasperata - nonostante la sedicente crisi - non poteva non trovare la sua casa ideale questa foga di riempire i luoghi e le menti, nell'antica notte degli spiriti, di mostriciattoli, spesso di cattivo gusto. Ma c'è di più. La componente che credo venga sottaciuta maggiormente è una: la festa di Halloween come oggi la intediamo, diviene il mezzo privilegiato per l'edonismo dilagante dei giorni nostri di prendersi burla della morte e dell'aldilà, relegati ad una mera rappresentazione carnascialesca, appunto. Sono arciconvinto che tanti smaniosi dei travestimenti di Halloween, se si trovassero dinanzi ad un vero cadavere in decomposizione (altro che quelli dei travestimenti), gli verrebbero turbe esistenziali indelebili, nel contemplare per la prima volta la morte.
Non credo, dunque, che si debba osteggiare Halloween perché è una tradizione di altri: chi lo fa non è un vero tradizionalista, perché tutti i costumi dei popoli che oggi conosciamo sono comunque il risultato di sincretismi plurimi avvenuti nei secoli. Si deve invece capire che è sbagliato il messaggio che l'Halloween di oggi trasmette. Anzitutto non è la tradizione antica per cui la si vuole far passare. Infine, nella tradizione italica meridionale ad essa parallela, vi sono elementi comuni davvero evidenti, con una sola differenza, sostanziale: il tutto è ascritto alla sfera del bene e del bello. E allora, perché ostinarsi a "comprare" vestiti oltreoceano e brutti, in voga solo perché "di marca" e fanno moda, quando ne abbimo di bellissimi nel comò della nonna!?