Vi è stato un mesto e ininterrotto pellegrinaggio di una intera comunità presso la Chiesa Madre di San Nicandro Garganico nei giorni di giovedì 20 e venerdì 21 gennaio 2011, in occasione della tristissima e improvvisa scomparsa di Don Vincenzino, il nostro Arciprete. Una veglia di preghiera in quella chiesa di cui è stato parroco all’età di 23 anni, nel 1946, poi arciprete fino al 1996.
Tantissima gente comune di ogni ceto sociale, uomini e donne che si inginocchiavano e pregavano vicino alla sua semplice bara. Composto, disteso nei lineamenti, avvolto nei suoi paramenti liturgici di sacerdote, quelli abituali con cui celebrava la Messa. Con il capo rivolto verso i suoi fedeli, a me sembrava quasi volesse alzarsi, per pronunciare una di quelle sue eccezionali prediche, piene di significato, di riferimenti alla vita quotidiana di noi tutti, che tanto attiravano e coinvolgevano i fedeli. Io rimanevo meravigliato di come fino a pochi giorni fa, all’età di 87 anni, riuscisse a rendere cosi semplici e comprensibili, anche ai più umili, omelie piene di citazioni dotte, anche in latino, di grandi pensatori e studiosi.
E chi non lo conosceva Don Vincenzino a San Nicandro? Cinquant'anni di sacerdozio e trentacinque di Arciprete. Nato il 19 maggio nel 1923, persona affabile come pochi, bonario, sorridente, ottimista per natura, sempre pronto con una battuta ironica e scherzosa, di intelligenza acuta, per tutti aveva una parola buona e consolatrice. Incontrandolo, tutti ci fermavano per salutarlo, per noi tutti indistintamente, un padre, un fratello maggiore, un amico per i più giovani, un nonno paterno, insomma uno su cui potevi appoggiarti. Saldissimo nella fede in Cristo, animato e guidato dallo Spirito Santo in tutto ciò che diceva o faceva. «Come fai a pronunciare una predica così bella» gli chiedevo? «È lo Spirito Santo che m'illumina», mi rispondeva sicuro e convinto.
Lo avevo visto il giorno prima mercoledì mentre un anziano gli si avvicinava per salutarlo. Lui sempre con il sorriso sulle labbra si è fermato, davanti casa sua in Corso Umberto. «Sta bene Don Vincenzino, - ho detto a mia moglie - sono contento». Invece il giorno dopo la triste notizia, sul manifesto "Non fiori ma opere di bene". E penso a quanto bene ha fatto lui nella sua lunga vita a me personalmente e a tutti quelli che gli si rivolgevano. Lo Spirito Santo da lui invocato lo ha rapito di mattina con una morte rapida, come lui voleva, pochi istanti e il suo grande cuore ha cessato di battere, mentre si accingeva a celebrare ancora una volta la Messa mattutina, giovedì 20 gennaio.
Nel pomeriggio di venerdì 21 i solenni funerali; cerimonia concelebrata dal Vescovo e da tutti i sacerdoti della Diocesi, in una chiesa gremita in ogni sua parte, con i suoi familiari, la nipote Lucia, "suo angelo custode", il marito Costantino, il fratello e i nipoti tutti affranti.
Toccava proprio al Vescovo tracciare il profilo della sua ricchissima attività pastorale e umana. Lo ha fatto con accenti commossi «Uomo di Dio e di popolo - dice - persona affabile, disponibile, che tanto ha dato alla sua gente, con lui si perde un pezzo di storia di questa città. Chi ne raccoglierà l’eredità? Difficile per ciò che riguarda l’eredità umana, un prete d’altri tempi Don Vincenzino».
Don Roberto con le lacrime agli occhi leggeva il suo testamento spirituale. Abbiamo sentito parole di perdono, di amore per la sua comunità, per i fedeli, la famiglia. Per sua volontà, portato dopo la dipartita nella Chiesa Madre con una cerimonia semplice, poi per le strade della città con le campane che devono suonare a festa. E così è stato, un evento straordinario, la bara scoperta portata a spalle dai suoi confratelli ha attraversato le strade principali, mentre le campane delle chiese suonavano a distesa, come a una festa. Lo abbiamo accompagnato nel suo ultimo viaggio fino al cimitero quando era sera.
Non un santo, ma certo il sacerdote Don Vincenzino è stato qui tra noi, tra la gente "a miracolo mostrare".
Mi mancherai, ci mancherai.