Le orgini du pupuràte

Ispirato da Le origini della gastronomia garganica, libro di Michele Torella

Dopo aver assaporato la storia della pascka munescka, lasciandoci travolgere dalla consistenza delle mandorle tostate e dal gusto di cannella, parliamo oggi di un suo lontano parente in fervida attesa del Natale a tavola: u pupuràte.

Cosa sia e come venga preparato ancora oggi non è un gran mistero, accessibile solamente alle logge massoniche di venerabili gran maestre del tinello. Oggi a ogne spuntunàta spicca un forno che propone la sua variante, a ciambella, a tocchetti, con la granella di mandorle, con scaglie più o meno grandi di cioccolato…

Vero è che ne abbiamo fatto una produzione di massa in maniera talmente evidente che moltissimi di noi si saranno convinti che u pupuràte lo abbiamo inventato noi sannicandresi. Ma è così? Andatelo a raccontare ad un qualche amico di Monte Sant’Angelo e vediamo che succede. Lui vi racconterà che “poperato” è una sorta di marchio di cui oggi si fregia la sua città, e che l’origine (etimologicamente incerta) è da far risalire con tutta probabilità alle incursioni e piccole dominazioni albanesi nei nostri territori.

Premesso che le questioni di campanile a volte sono inutili, la storia di questo dolce è talmente complessa che confinarla all’interno di limiti comunali è davvero ridicolo. Che gli albanesi c’entrino qualcosa in questa storia è fuor di dubbio, considerato che un pupràt lo fanno anche loro. Il nome “poperato” invece è un grosso errore, e a cercar bene la versione “piperato” (dal latino piper, il pepe) avrebbe molto più senso.

Il pepe oggi non c’è più nella maggior parte delle versioni attualmente in circolazione. I più anziani vi diranno che invece il pepe c’era eccome. Quelli che hanno viaggiato un po’ di più vi diranno che è innegabile una certa somiglianza con il pampepato. Ma, soprattutto, gli appassionati di cucina saranno incappati prima o poi nell’antico ricettario di Apicio (circa duemila e trecento anni fa) che in una qualche località del non ancora Impero Romano preparava i dulcia piperata, con una ricetta apprezzabilmente simile a quella moderna.

La storia per intero si trova nel libro, i cui proventi come già detto andranno al Bambin Gesù di Roma. Ai vostri ospiti però fate trovare sempre nu pupuràte, perché nel farlo non state offrendo un semplice dolce, non state raccontando una tradizione di San Nicandro, state offrendo loro un reperto archeologico dal valore inestimabile, che dobbiamo imparare a conoscere, tutelare e tramandare.

 

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