Bacheca "Fai-da-te"

    Passo e ripasso tante volte per via Adriatico. 

    Come tutti, transito giornalmente per le strade del nostro paese, perlopiù tra i percorsi “obbligati”, quelli che sei costretto a fare per il tipo di viabilità che ha San Nicandro.

    Le percorro da decine di anni, a piedi e in macchina, come da decine di anni mi guardo allo specchio, quotidianamente, senza accorgermi che la mia fisionomia è ben cambiata dal giorno della prima elementare. Avvengono così tanti mutamenti nel fisico di un uomo, così minuti e costanti che, digeriti a piccole dosi, nemmeno te ne accorgi. Poi d’un tratto ti fermi ed eccola lì, la prima lanugine, i baffi e una folta barba. È tutto avvenuto davanti ai tuoi occhi, eppure non ne sei stato pienamente consapevole.

    Era la fine degli anni Novanta quando ebbe inizio la malsana abitudine di fare gli auguri affiggendo locandine qua e là per i muri del bel paesello. Dapprima limitati e rivolti ai neo-sposini, poi ai diciottenni, oramai un po’ per tutto, probabilmente anche per la prima pupù dei nuovi nascituri.

    Via Adriatico ne è solo l’esempio, forse il più lampante, ma ne siamo pieni zeppi. Ci sono passato l’ultima volta ieri sera, di proposito per scattare una foto. Mi riferisco alla parete posteriore della scuola, laddove sostano i mezzi pubblici. Nessuno, sono certo, ha notato nel corso del tempo quanto stava accadendo, ed oggi eccola lì, una disgustosa bacheca pubblica arancione, così satura che ad altezza d’uomo noti più carta che intonaco. Eppure lo stiamo facendo noi, gente perbene, non il vandalo in vena di ispirazione d’arte fallica, armato di bomboletta spray.

    Anch’io ho compiuto diciott’anni e, francamente, non credo sia importato a qualcuno oltre le mie conoscenze. Convolerò a nozze la prossima estate e gli interessati avranno una partecipazione, non una locandina da scorgere tra gli angoli degli isolati.

    La mia vuol essere una critica d’insieme, nulla contro nessuno in particolare. Frasi d’auguri, vignette, caricature e battute di spirito per l’avvenimento, restano un buon gesto d’affetto e di amicizia. Sono simpatiche, devono esserci, ma nel posto giusto, rispettando le cose altrui e la cosa pubblica. Quel muro è anche mio, e vostro, e di tutti. E badate bene, per questo non c’è amministrazione, forza pubblica o nettezza urbana che tenga: a ognuno i propri demeriti.

    Mi torna in mente il principio della rana bollita, esempio che descrive come la società accetti passivamente il degrado, le vessazioni e la scomparsa dei valori e dell’etica, accettando di fatto la deriva. 

    “Immaginate una pentola piena d’acqua nella quale nuota tranquillamente una rana. Il fuoco è acceso e l’acqua si riscalda poco alla volta. Presto diventa tiepida, ma la rana la trova piuttosto piacevole e continua a nuotare. La temperatura sale, l’acqua adesso è calda, un po’ più di quanto la rana non apprezzi: si stanca un po’, tuttavia non si spaventa. L’acqua adesso è davvero troppo calda, per la rana è molto sgradevole, ma si è indebolita e non ha la forza di reagire, allora sopporta e non fa nulla. Intanto la temperatura sale ancora, fino al momento in cui la rana, ormai, finisce morta bollita.

    Se la stessa rana fosse stata immersa direttamente nell’acqua a 50°, avrebbe dato un forte colpo di zampa e sarebbe balzata subito fuori dalla pentola”.

    Questa metafora sulla vita è spesso utilizzata come accusa agli stati e ai poteri forti, di come impongano grandi cambiamenti alla società, poco alla volta, affinché si adatti e tolleri ciò che se fosse somministrato in un’unica dose, porterebbe alla rivolta.

    Maledetti! Ma quando siamo noi stessi ad essere il degrado della nostra società?

    Diffidate da chi crede sia veniale un poster e un po’ di colla. «In quattro e quattr’otto viene via» e intanto è sempre lì affisso, piuttosto sbiadito, ma inamovibile. Quello che spaventa – e il manifesto fa solo da capro espiatorio – è l’essersi assuefatti all’involuzione morale dell’individuo in quanto parte del collettivo. 

    Spaventa quando disprezzi la negligenza altrui con le parole e diventi ciò che odi con i fatti.

    Tante cose turbano la morale, quelle che se non ti desti dallo stato di dormiveglia, difficilmente noterai, ma quello che spaventa più di tutto è l’invito di un uomo – a me sconosciuto – che ripulisce la facciata della sua abitazione chiedendo di non affiggere altri volantini per poi vederselo sovrapporre da quello della “Manifestazione contro la criminalità”.

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