Si è svolta nella splendida cornice della restaurata chiesa madre Santa Maria del Borgo la conferenza “Rivolti al Signore” con l’autorevole teologo e liturgista mons. Nicola Bux, consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede e collaboratore del pontefice Benedetto XVI, autore di numerosissime pubblicazioni di teologia dogmatica e liturgica tra le quali la più recente “La Riforma di Benedetto XVI”. Alla conferenza hanno preso parte anche Giannicola D’Amico, della Commissione per la Musica Sacra della Cappella Sistina, don Roberto De Meo, Parroco di S. Maria del Borgo e don Matteo De Meo, vice parroco e docente di teologia presso la facoltà Teologica Pugliese.
Il tema della conferenza ha inteso illustrare le ragioni della scelta del ripristino dell’antico altare della chiesa madre “rivolto al Signore”, appunto, rimuovendo l’altro aggiunto in seguito e che per anni è stato utilizzato, come in tutte le chiese, con la celebrazione della preghiera liturgica rivolti al popolo, all’assemblea dei fedeli. Una scelta che non risponde ad un’esigenza estetica, ma che ha un preciso significato liturgico, quindi, come hanno spiegato i relatori, tesa a ristabilirne il valore di momento di adorazione, di contemplazione del mistero di Dio che rimette Dio al centro della liturgia e non l’uomo, come è accaduto negli anni, grazie ad un’errata interpretazione del Concilio Vaticano II.
«L’altare non è una tavola, non è il simbolo di un incontro conviviale, ma è il luogo del sacrificio - ha commentato il teologo liturgista Nicola Bux -. L’eucarestia, la cena del Signore è solo un momento della liturgia, ma la liturgia richiede che il nostro sguardo sia rivolto al Signore affinché essa sia partecipe, ci renda parte di Lui. L’arte cristiana si è data da fare perché il tempio fosse davvero un percorso verso il Signore. La liturgia ha una dimensione escatologica, futura, in cui il Signore viene dagli uomini e quindi la messa deve essere rivolta a Lui».
Compiaciuto per il passo compiuto dai parroci di Santa Maria del Borgo, mons. Bux ha espresso l’auspicio che altri seguano al più presto l’esempio, per contribuire a ridare al rito la sua funzione originaria.
«Tante cose sono state fatte nel nome del Concilio Vaticano II - ha aggiunto don Matteo De Meo che ha condotto uno studio apposito sull’argomento - e sono da far rientrare nel grande gioco delle interpretazioni post-conciliari e delle sensibilità personali. Dopo il Concilio iniziò la semplificazione delle forme perché la sontuosità si riteneva potesse compromettere l’autenticità della liturgia per dare l’idea della Domus Ecclesiae (casa del popolo), ma questa idea non fa parte della tradizione cattolica per la quale la Chiesa è la Domus Dei (Casa di Dio), spazio in cui si riflette l’infinita bellezza di Dio, un riflesso della Gerusalemme celeste, in cui il popolo (l’Ecclesiae) si riunisce per contemplare il mistero di Dio».
Altrettanto importante, per Giannicola D’Amico, il ruolo della musica sacra nella liturgia che richiede, per l’esperto, membro della commissione Musica Sacra della Cappella Sistina, maggiore rigore nella scelta della musica più adatta al servizio liturgico. Da D’amico è stato espresso, inoltre, l’auspicio del restauro dell’organo della chiesa, con il contributo dei fedeli e della comunità.
Anna Lucia Sticozzi
Il video integrale del convegno è disponibile sulla nostra Web TV