Lettera aperta di Don Matteo De Meo

Il teologo parla di morale, dottrina cristiana, omosessualità e dignità

Premesso che definire una persona con il termine "gay” è già una sorta di giudizio comunque lesivo della persona umana che è uomo o donna maschio o femmina; un termine che si può in un certo qual modo tollerare nel linguaggio comune, convenzionale di una certa cultura postmoderna della “gaiezza”, ma che usato da uomini di Chiesa, teologi, vescovi o sacerdoti, lascia alquanto perplessi.

Nel linguaggio della Chiesa si parla di persone con “tendenze omosessuali” che come tutti, ogni giorno devono lavorare per la loro santificazione. Detto ciò come può “l’amore Gay essere una ricchezza nella Chiesa”? Come può “non essere peccato”? A quale testo sconosciuto si fa riferimento per affermare che lo stesso San Tommaso d’Aquino concorderebbe con l’amore omosessuale in quanto “nella linea dell’amore”?

Lui che mai avrebbe sovvertito l’ordine della retta ragione e nello stesso tempo quello della natura medesima che viene da Dio affermando: “nei peccati contro natura in cui viene violato l’ordine naturale, viene offeso Dio stesso in qualità di ordinatore della natura”. (San Tommaso D’Aquino, Summa Theologica, II-II, q. 154,a.12).

Quanta confusione si crea nel voler anteporre le proprie opinioni alla retta dottrina della Fede. Quanta superbia! E tutto nel nome di un inflazionato concetto di “misericordia”! Ma, una Chiesa che usa misericordia è una Chiesa che non può e non deve tacere la verità; è una Chiesa che deve condannare senza mezzi termini tutto ciò che è peccato e menzogna, così come l’ingiustizia e il sorpruso; è una Chiesa che è chiamata ad accompagnare chi erra verso quella Verità che unicamente può rendere liberi.

A questa Chiesa fa appello lo stesso Pontefice che aprendo l’attuale Sinodo sulla Famiglia chiede di approfondire le questioni più problematiche (divorziati risposati, unioni civili, ecc..) “senza mettere in discussione la Dottrina”. Convinta che la perfezione salvifica della libertà umana può essere trovata solo nella verità di Gesù Cristo, la Chiesa deve sempre proclamare coraggiosamente la morale cristiana, anche quando incontra opposizione o, in casi estremi, persecuzione e martirio.

Pertanto cosa vuol dire rispettare l’uguale dignità delle persone omosessuali se non aiutare a far comprendere loro che le azioni peccaminose, come l’esercizio dell’omosessualità, ledono la dignità umana stessa. Infatti la Chiesa esige dai suoi ministri una vigilanza amorevole “perché nessuna persona omosessuale loro affidata sia fuorviata dalla diffusa opinione erronea che l'attività omosessuale è una inevitabile conseguenza della condizione omosessuale”, o peggio ancora sia una ricchezza o non sia peccato e quindi lecita agli occhi di Dio! Per una autentica pastorale soprattutto per la sua efficacia reale, non si deve tacere sulla peccaminosità grave degli atti omosessuali.

Con tutta la carità possibile ma la verità va detta e fatta conoscere! Certo alcuni potranno sentirsi respinti! Pertanto la carità esige che questi fratelli siano accompagnati a comprendere le ragioni dell’insegnamento della Chiesa dimostrando con i fatti e nella verità il loro essere figli di Dio a tutti gli effetti e senza discriminazioni di sorta. Ma si rende altrettanto necessario far comprendere che coloro che legittimano gli atti omosessuali «sono mossi da una visione opposta alla verità sulla persona umana, che ci è stata pienamente rivelata nel mistero di Cristo». Anche se non se ne rendono conto, la loro approvazione dell'omosessualità riflette «una ideologia materialistica, che nega la natura trascendente della persona umana, così come la vocazione soprannaturale di ogni individuo». Solo ciò che è vero può ultimamente essere anche pastorale!

Quando non si agisce secondo ciò che realmente la Chiesa insegna e professa si rischia di diventare un ostacolo per un autentico cammino di fede e di comprensione della propria vita spirituale e morale di cui tutti nella Chiesa hanno bisogno e diritto. Purtroppo la confusione più grave scaturisce proprio dal numero crescente di teologi e uomini di Chiesa sempre più periferici rispetto alla “sana Dottrina”!

Una situazione che viene da molto molto lontano! Già quarant’anni fa il Beato Paolo VI suonò il campanello d’allarme mettendoci in guardia da quel “fumo di satana” che era entrato nella Chiesa, e allo stesso tempo assicurò ai suoi ascoltatori, durante un’udienza generale, che quando egli affermò che “una delle più grandi necessità della Chiesa di oggi è quella di difendersi da quel male che è chiamato il diavolo”, le sue parole non erano affatto “superstiziose o irreali”.

“La gente di oggi [...] si lascia catturare da seduzioni ideologiche di errori alla moda, fessure tramite le quali il diavolo può facilmente penetrare e lavorare nella mente umana”. L’attività diabolica si manifesta, tra l’altro, “laddove si affermano menzogne ipocrite e lampanti”. Non è il Cristianesimo, che è fedeltà al reale, al concreto esistente, ma il diavolo, ad amare il mistero come tenebrosa e inquietante stranezza, come bizzarra e complicata fantasticheria.

don Matteo De Meo

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