San Nicandro, piccolo paese del Gargano, è testimone di una delle storie più straordinarie e vivaci dell’ebraismo moderno. Da qui è iniziata l’avventura di Donato Manduzio, l’autodidatta che portò negli anni Trenta la Torah a San Nicandro.
Qui, ottant’anni dopo, la comunità sannicandrese, erede degli insegnamenti di Manduzio, ha festeggiato l’ingresso del Sefer Torah all’interno della sua sinagoga. Una pagina di storia, scritta tra i sorrisi, i canti e la commozione di una realtà più unica che rara. Emozioni condivise, al termine di uno shabbaton organizzato dall’Unione delle Comunità Ebraiche, con i rappresentati dell’ebraismo italiano, e non solo, con la presenza tra gli altri di rav Scialom Bahbout, neo rabbino capo di Venezia; rav Elyahu Birnbaum, rabbino dell’organizzazione internazionale Shavei Israel e il suo presidente Michael Freund; il presidente della Comunità ebraica di Napoli Pier Luigi Campagnano, Renzo Gattegna, presidente UCEI; Pier Paolo Gualano, sindaco di San Nicandro; Gadi Piperno del Dipartimento Cultura e Educazione UCEI e rav Pierpaolo Pinhas Punturello.
“Un messaggio e un esempio di incrollabile fiducia ci perviene da voi di San Nicandro – ha affermato nell’arco dell’evento il presidente Gattegna – che avete avuto l’orgoglio e il coraggio di rivendicare un’identità ebraica proprio nel periodo in cui nazismo e fascismo si apprestavano a tentare di realizzare lo sterminio, l’annientamento, la Shoah”.
Perché in questo unicum che è la storia dell’ebraismo sannicandrese (buona parte convertitosi ufficialmente nel dopoguerra e di cui 70 membri fecero l’alyah nel 1949) c’è anche il remare controcorrente. Nel momento più buio per gli ebrei, in cui non solo esserlo era fonte di pericolo ma anche offrirvi aiuto, Manduzio – sulla cui tomba questa mattina il presidente Gattegna, gesto di memoria, ha lasciato un sassolino – gettava i semi della sua conversione.
Dall’analfabetismo alla scoperta da autodidatta della Bibbia, regalo di un amico, il capostipite della Comunità di San Nicandro chiese a Remo Cantoni e ai leader del mondo ebraico dell’epoca di iniziare il percorso per la conversione ufficiale. A stupire sono le date: la domanda arrivo a cavallo tra il 1937 e il 1938, all’alba delle leggi razziste. Ma i sannicandresi, ostinati e determinati, non demordono.
Non li ferma il razzismo di stato, la diffidenza dei concittadini, le problematiche con le istituzioni. E questa testardaggine – attraverso anche l’incontro tra Manduzio e il partigiano e membro della Brigata ebraica Enzo Sereni – li porta al riconoscimento nel 1946 e alla decisione di lasciare un’allora sperduto paese del Gargano per il sogno da costruire, Eretz Israel. Quattro donne rimasero a presidio della comunità: attraverso di loro la favola sannicandrese non si è sopita, arrivando fino ai giorni nostri.
E l’ingresso del Sefer Torah di oggi è la dimostrazione che questo percorso non si è interrotto. “Quello di oggi per questa comunità non deve essere un punto di arrivo ma un punto di partenza”, ha sottolineato rav Bahbout ricordando anche come “questo Sefer Torah rappresenta il collegamento con tutto il popolo ebraico”.
Una gioia, dipinta sui volti dei sannicandresi mentre il Sefer veniva portato tra le vie cittadine, ma anche una responsabilità per il futuro. “Questo non è il primo Sefer di questa città – ha affermato il presidente di Shavei Israel Freund – il primo è stato Donato Manduzio perché ciascun ebreo rappresenta un Sefer Torah vivente e voi siete la sua eredità”.
Raccolto il testimone, la comunità pugliese guarda avanti. “Quella scritta oggi è un’altra pagina del diario di Donato – ha spiegato Grazia Gualano, spina dorsale della realtà di San Nicandro, raccontata in un libro di John A. Davis per Giuntina – e continueremo a scriverne altre. Grazie a tutti voi di essere qui e all’aiuto dei presenti e non per quanto è stato fatto finora”.
“Questa comunità è un’insegnamento per tutti noi – ha affermato Gadi Piperno – dove si legge la Torah c’è l’ebraismo”.
A fare gli onori di casa per San Nicandro il sindaco Pier Paolo Gualano, che si è detto onorato di poter ospitare una tradizione così forte e significativa nella città.
“Vorrei riprendere il sindaco – ha detto bonariamente rav Birnbaum – quando afferma che questa comunità è piccola, perché ricordiamoci che non è importante la quantità ma la qualità e questa storia ne è la testimonianza”.
Fonte: moked.it