Via libera alla perforazione dei fondali marini al largo della costa termolese. La Petroceltic Elsa, multinazionale irlandese dell’oro nero, potrà realizzare pozzi petroliferi in una zona a soli 26 chilometri dalle isole Tremiti e a una quarantina dal litorale. La svolta è arrivata solo qualche giorno fa e con precisione il 29 marzo scorso, quando il Ministero dell’Ambiente ha ufficializzato il parere positivo per la ricerca di petrolio in mare.
Il rischio che i fondali marini molisani e abruzzesi, ma soprattutto quelli vicini alle Diomedee, vengano squartati dalle perforazioni della società irlandese era balzato alle cronache circa un anno fa, quando proprio dal Comune delle isole Tremiti arrivò un grido d’allarme recepito dall’intera provincia di Foggia. Sull’isola di San Domino si tenne infatti un partecipato consiglio provinciale che convinse il ministro Stefania Prestigiacomo a un parziale dietrofront. Niente autorizzazione e palla di nuovo alla Valutazione di impatto ambientale.
Ma un anno dopo arriva la doccia fredda con il sì definitivo della Prestigiacomo che segue quello del Via e ancora prima, quello dei Beni Culturali. Ora, la ditta potrà acquisire dati petroliferi tramite riflessione sismica e potenzialmente potrà far partire la perforazione di pozzi petroliferi. Le prime risposte preoccupate arrivano dall’Abruzzo, o meglio dagli Stati Uniti. Un sos è stato lanciato dalla professoressa Maria Rita D’Orsogna, docente della California University ma abruzzese d’origine.
«La Petroceltic – spiega - é autorizzata a compiere riflessioni sismiche nel mare, con micro-esplosioni spesso dannosi a cetacei e delfini, per acquisire dati sulla presenza di petrolio nel sottosuolo. In caso positivo, la ditta potrebbe realizzare un pozzo esplorativo, simile ad Ombrina Mare, trivellato nel 2008».
Ma le sue paure non si fermano qui. «La concessione denominata d505 si trova a 40 chilometri dalla costa e a soli 26 chilometri dalle Isole Tremiti. In giacenza presso il ministero ce ne sono altre, su aree più vicine alla riva. Temiamo che il permesso d505 sia solo il primo di una lunga serie e che autorizzarlo innescherà una catena di altri permessi ed autorizzazioni, in mare ed in terraferma».
Fonte: primonumero.it